Ancora sulla (Buona) scuola!

 

Renzi Giannini

Come da titolo – per dar seguito al post “Smantellare la scuola pubblica per cancellare la democrazia” –  continuo a proporre delle riflessioni e approfondimenti sulla legge n.107/2015 in vista della sua definitiva approvazione e della (ancora) possibile azione di contrasto da parte del mondo della scuola attraverso l’adesione allo sciopero del 17 marzo.

Nei mesi di settembre-ottobre 2014 era stata aperta una piattaforma digitale su la Buona scuola, che oltre ad indicare le caratteristiche della Legge permetteva ai docenti e alle istituzioni scolastiche di inserire pareri, critiche, consigli. Non sappiamo se davvero tali commenti vennero presi in considerazione, ma pur essendo scettico sul modo e sull’efficacia della consultazione scrissi anch’io alcune righe in merito alla Riforma  dopo aver letto pareri pro e contro e consultato varie fonti. Alla luce della sua applicazione le ripropongo, credo siano ancora utili per analizzare cosa è stato fatto e le (ancora parziali) conseguenze di questi 18 mesi di applicazione della Legge. Ecco le riflessioni di allora:

Leggendo il rapporto su ” La buona scuola” Clicca per leggere – lungo ben 136 pagine (esiste però una versione light di sole 13 pagine) – e difficilmente commentabile con “qualche crocetta” o “mi piace” come si sta facendo attraverso una superficiale consultazione on line – è difficile NON pensare che esso NON sia il completamento dello smantellamento della scuola pubblica, che di fatto funzionerà (e costerà) sempre di più come quella privata!

C’è un po’ di tutto, difficile da leggere e soprattutto da commentare: si evidenzia il raccordo della scuola all’impresa, dando per scontato che l’occupazione dipenda direttamente dall’istruzione, non invece da scelte politiche di modelli economici efficaci (come quello keynesiano volto al sostegno pubblico dello Stato per la piena occupazione proposto dalla Costituzione). Si parla di un ulteriore ampliamento dell’offerta formativa (forse pilotata dall’exstrascuola: aziende, famiglie, enti vari…) e la flessibilità didattica sembra in realtà un adattamento-imposizione-improvvisazione al non ben definito”nuovo modello” di scuola delle competenze. Si va verso l’annullamento del contratto collettivo nazionale, presto sostituito da bonus-premiali di stampo meritocratico, che servono a mettere in competizione (non bastavano gli alunni) gli insegnanti, valutati su progetti e attività quasi sempre lontani anni luce dalla loro attività d’insegnamento (che NON è valutabile in modo oggettivo e univoco). La mobilità viene proposta in funzione tappa-buchi e volta esclusivamente al risparmio, con un’assegnazione schizofrenica che non tiene minimamente conto delle esigenze familiari e personali degli insegnanti…

Questa Riforma, per ammissione dello stesso Renzi e del(la) Ministro(a) della Pubblica istruzione Giannini, va a completare le Riforme della scuola che iniziarono con la legge sull’AUTONOMIA SCOLASTICA del 1999, la quale non si basava su finalità culturali e pedagogiche, ma serviva ad estendere principi di stampo privatistico all’area dell’istruzione. In particolare venne utilizzato il principio di sussidiarietà (ecco perché si parla di autonomia a tutti i livelli dell’apparato statale) per far  passare esplicite cessioni di sovranità statali a enti-super-burocratizzati sovranazionali e non eletti (vedi UE, BCE, FMI e simili…). Essi nello Stato nazionale, in varie forme e attraverso percorsi contorti e intricati,  – costruiti ad hoc proprio per rendere al cittadino difficile vedere il rapporto di causa ed effetto ( a noi deve passare esclusivamente il messaggio “Stato ladro, inefficiente, fonte di ogni danno e burocrazia”!) –  impongono interessi privati con il fine di smantellare le tutele sociali sul lavoro, togliendo ai lavoratori diritti garantiti (sta accadendo ORA in tutti i settori pubblici e privati). Anche la scuola pubblica attraverso l’autonomia si trasforma da un’istituzione che svolge una funzione statale nel prevalente interesse generale, in un’azienda pubblica, – su modello di un’azienda privata – che svolge un servizio pubblico! Invece di realizzare il diritto allo studio, costruisce un sistema aziendale di natura privata in cui deve proporre e mostrare alla “clientela” il piano delle attività, tutto va formalizzato e burocratizzato fino all’assurdo: commissioni di ogni genere e tipo, funzioni e incarichi fra l’inutile, il fantasioso e il dannoso, POF, PTOF, crediti, debiti, progetti, corsi d’aggiornamento,, valutazione e valutazioni, dipartimenti, consigli ordinari e straordinari… Cosa resta per l’insegnamento? Quale didattica possono portare avanti gli insegnanti in questo contesto assurdo e ingestibile in cui si trovano a lavorare? Dov’è la centralità degli alunni in tutto ciò?

Ritorniamo all’oggi: mi sembra che quello che si temeva prima dell’approvazione della Riforma si sia poi in gran parte realizzato, soprattutto negli aspetti negativi sopraevidenzati. Dobbiamo però riflettere sul fatto che questo modello “mercatocentrico” che ci chiede (impone) l’Europa potrebbe avere i giorni contati. Mi riferisco ai segnali che vengono sia dai paesi europei in cui stanno per svolgersi nuove elezioni, in primis Francia e Germania, sia dagli Stati Uniti in cui le elezioni ci sono già state con i risultati che sappiamo. Se il revival del nazionalismo dovesse travolgere come un’onda il globalismo-colonialista che ha imperato finora nell’UE e in generale nel mondo occidentale, le riforme non avrebbero più motivo alcuno di essere imposte, soprattutto perché i governi avrebbero di nuovo a disposizione strumenti di natura finanziaria per uscire dalla crisi, gestendo le monete nazionali fuori da cambi fissi imposti e deprimenti l’economia. Se i cittadini prendono consapevolezza dei loro diritti i governi dovranno porre rimedio ai danni fatti. Ma la campagna mediatica di distrazione di massa che ha per anni incitato all’odio verso lo Stato ladro e la corruzione senza dire una parola nei confronti della privazione continua e devastante dei principali diritti costituzionali fatta attraverso la cessione di sovranità a istituzioni private al servizio della finanza, lascia ben poco spazio e ancor meno speranze che la massa  di cittadini sia tale da far cambiare rotta alle riforme e recuperare così quello che ci hanno tolto. La scuola in un momento così delicato dovrebbe dare un contributo in tal senso: aiutare i ragazzi a capire quali sono i loro diritti e a pretenderli. Sicuramente NON fa parte dei loro diritti lo sfruttamento che subiscono attraverso l’alternanza scuola-lavoro. Quello come TUTTE le riforme serve esclusivamente a favorire la DEFLAZIONE SALARIALE (cit. Alberto Bagnai), cioè ad abbassare ancora di più il costo del lavoro, con la beffa che i primi a rimetterci saranno proprio i nostri giovani. Partiamo quindi dalla scuola, base di ogni sistema democratico, prepariamoci al cambiamento e non perdiamo di vista l’importanza dei principi costituzionali unici garanti dell’uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini.

 

 

Autore: opinioniweb - Roberto Nicolini

Sono un insegnante di religione di scuola primaria dal 1996. Nonostante tutto il dato di "fede" non ha mai prevalso sulla ricerca della verità. Del resto è l'unica cosa che al di là dei limiti oggettivi della nostra vita ci rende effettivamente liberi e quindi ci avvicina a Dio, in qualunque modo Esso si manifesti!

4 pensieri riguardo “Ancora sulla (Buona) scuola!”

  1. Una cosa buona, per essere buona, deve mantenersi tale nei fatti concreti; la scuola è il mio settore, ci lavoro. E mi sento di dire, per esperienza diretta, che se prima della riforma eravamo messi male, oggi siamo messi malissimo, sull’orlo del baratro. Di cosa mi sono convinta? Del fatto che la vogliano distruggere sotto ogni punto di vista per “allevare” giovani ignoranti, senza spirito critico e valori, da sacrificare a questa o quella ideologia in cambio di effimere e facili concessioni.

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      1. Concordo. Io reagisco quando si presenta l’occasione concreta, in una scuola dove tutti possono fare tutto perché controlli veri, quelli tesi a qualità e miglioramento, non li fa più nessuno. Non credo negli scioperi, per esperienza. Non portano a nulla per due motivi: ai “potenti” non importa nulla e noi, il giorno dopo e dopo aver perso la paga quotidiana, torniamo le stesse capre di sempre. In tanti non combattono perché in tanti in questo sistema di cosa ci sguazzano bene. Mi duole dirlo ma la scuola è forse il luogo in cui è presente il maggior numero di incapaci ed ignoranti (dopo la politica). Confidavo nei controlli e nella selezione fatta secondo coscienza, invece è stato ancora accumulo di decisioni vergognose, ignoranza e degrado.

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