L’11 aprile ci sarà il plenilunio di primavera che come ogni anno, da millenni, fissa la data della Pasqua. Ci troviamo ancora per poco nel silenzio-deserto della Quaresima che terminerà il giovedì santo, proviamo quindi a riflettere sul senso della vita dell’uomo in attesa della risposta della Pasqua! Lo spunto ci arriva dal libro del Qoelet che inizia così:
“Vanità delle vanità, tutto è vanità. Che senso ha tutta la fatica dell’uomo sulla Terra?” (Qo 1, 2-3).
Primo appunto: la risposta (“…tutto è vanità”) è preceduta dalla domanda (“che senso ha la fatica dell’uomo…”). La domanda riguarda direttamente noi uomini, alla ricerca di un senso che giustifichi la fatica di vivere! Ma se la risposta del Qoelet è “tutto è vanità” non sembra esserci un bene sulla terra che dia un senso alla fatica di vivere. Il mondo e la natura – il Tutto – si muove ma al contempo resta uguale a se stesso, invece l’affannarsi dell’uomo (“il suo cuore non riposa nemmeno di notte”) è un girare su se stesso (Qo 2,29). Il mondo nuovo che continuamente ci affanniamo a costruire, i progressi della scienza e della tecnologia, tutto sfugge continuamente dalle nostre mani in un continuo fare e disfare.
Il problema centrale della vita dell’uomo è la morte: sempre ci sarà il limite della morte, l’occhio dell’uomo continuerà a non saziarsi di vedere e l’orecchio di ascoltare (Qo 1,8b) e alla ricerca dell’uomo continuerà a sfuggire il senso dell’insieme (Qo 3,11). La vanità umana è tale proprio perché urta contro il limite invalicabile della morte, che colpisce ogni uomo, ne annulla lo sforzo e gli sottrae tutte quelle realizzazioni che faticosamente si è costruito! Ogni sforzo è vanificato, ogni virtù decade, tutti gli uomini sono accomunati da tale misera sorte: “Dio agisce così perché l’uomo abbia timore di Lui “ (Qo 3,4). Qui il “timore di Dio” è correlato alla consapevolezza dei propri limiti, ma apre anche alla speranza religiosa, che si rivolge ad un Dio in grado di creare e donare la vita.
In questo gioco di dolore e speranza si inserisce la figura di Gesù che proprio in risposta alla morte come limite fa incredibilmente coincidere il “Crocifisso” con il “Risorto”, due facce di un Dio in grado di donare e portare in sé la scintilla di verità su cui si regge il mondo e la vita: l’Amore.
Un principio che si impone andando oltre ogni fede e opinione umana, oltre l’affannarsi per fare e disfare, oltre la falsità e l’odio, la paura e il dolore…
Riferimenti bibliografici e approfondimenti: Rinaldo Fabris e collaboratori, Introduzione generale alla Bibbia, ELLEDICI
La chiave infatti sta in quella parola che hai riportato giustamente in maiuscolo: Amore. Che poi è esattamente il contrario della vanità.
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Nonostante il male imperversi nel mondo l’unica e sola risposta è l’Amore! Come un seme è tra noi pronto ad aprirsi alla vita, in un avvenire carico di speranza, per dare un senso alla nostra storia.
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https://www.youtube.com/watch?v=iHVZpsjuPbw mai saggia verità fu colta e prodigata.. buona notte…
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Oltre la vanità degli uomini c’è la “debolezza” dell’Amore, che nel suo lasciarsi sopraffare dal nostro egoismo vince la morte, non solo quella fisica, ma anche e soprattutto quella degli egoismi e delle vanità umane!
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concordo ma seppur canzone, è tratta da un’opera teatrale che “insegna” molto… grazie per aver risposto. Cate.
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Conosco bene l’opera “State buoni se potete” ispirata alla figura di Filippo Neri, apprezzo anche moltissimo il testo di Branduardi che se avessi scritto con meno fretta e più tempo a disposizione avrei certamente dovuto inserire nel post. Ti ringrazio quindi per la preziosa segnalazione!
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ma scherzi? sai che una mano aiuta l’altra… 🙂 grazie a te !
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