Avanti e indietro: storia di un’involuzione interiore (seconda parte)

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La mente umana secondo Freud assomiglia ad un iceberg – immagine tratta da Wikipedia

In questa seconda parte ci sono accenni autobiografici concreti (ma non troppo) che iniziano a dare forma alla mia in-voluzione interiore. In realtà il racconto farà continui salti “avanti e indietro” nel tempo, questo perché io non sono poi così convinto che nella coscienza attuale ci sia davvero un prima e un poi, quanto piuttosto un essere ora nell’istante presente tutto ciò che sono (stato?). Ma lasciamo le questioni filosofiche da parte e facciamo parlare il racconto…

 

Entriamo nel vivo…

Comunque quando nasciamo un manipolo di persone “precise” ci stanno accanto, sono quelle con cui dovremmo tentare la scalata verso una meta mai del tutto compresa, da soli non si va da nessuna parte, questa è intanto una somma verità. E’ difficile parlare di verità nel mondo dei veli, delle cosiddette ri-velazioni, velare e rivelare, cioè coprire e vedere in controluce: questa con tutti i suoi limiti è la nostra verità.

Partiamo dall’infanzia, la mia naturalmente: mi ritrovo bambino, pieno di timori, di dubbi, di sensazioni contrastanti. Mai stato in un bozzolo di protezione, il timore di vivere, non so perché, mi stringeva l’animo in ogni istante, così mi ero creato una realtà molto diversa da quella esteriore, lì i miei eroi ed amici erano i fumetti, con i personaggi con cui riuscivo ad instaurare un dialogo in un mondo parallelo che per me era vivo. Certamente avevo amici fra i miei coetanei, ma il mondo detto sopra era il frutto di una fantasia creativa in grado di convivere e interagire con la mia realtà di bambino dandogli un ulteriore senso e consolidando i punti deboli che mi rendevano insicuro e timoroso. I bambini nascono nella fede e piano piano la vita, con il suo controllo, gliela toglie insinuando il dubbio: Babbo Natale non esiste, il magico ad un certo punto scompare, l’impossibile rimane tale.

Nelle era passate si potevano “vedere” i fantasmi, i libri sono pieni di storie di fantasmi, la coscienza collettiva era plasmata dal mondo parallelo dei non-vivi che riuscivano a interagire con noi. Mia nonna – vivevamo insieme –  i morti li sentiva passeggiare avanti e indietro nel corridoio di casa e al mattino me lo diceva con la massima naturalezza possibile: “ Roberto, stanotte tuo nonno ha passeggiato sempre!”  Significava un’inquietudine, un avvertimento, qualcosa che si stava mettendo di traverso. Pregare, la preghiera come un mantra dell’anima, per mia nonna era lo scudo, la soluzione al male che poteva venire. La “santa Caterina”, preghiera incomunicabile in quanto scritta su un foglietto che solo lei poteva interpretare, accozzaglia di frasi piene di errori eppure quando la sussurrava, come in uno stato onirico, sapeva leggere il presente e l’immediato futuro: “ Roberto, andrà tutto bene…oppure si era impuntata e diceva… faticavo, non scorreva…”. Era un modo per sapere le sensazioni, gli accadimenti della vita quotidiana, l’andamento a scuola piuttosto che un incidente, un imprevisto… La preghiera che chiede aiuto e quella che ti avverte, t’indirizza e ti spinge oltre l’ostacolo.

Avercelo noi uno scudo così: soccombiamo invece nella mancanza di fede e nella nullificazione quotidiana della pseudorealtà. Oggi il mondo parallelo, i fantasmi immateriali, sono scomparsi dalla nostra percezione sostituiti dalle immagini televisive e da quelle digitali con cui pensiamo di metterci in comunicazione con gli altri ogni giorno. Quindi quale fede rimane possibile per un bambino? Nel momento in cui la coscienza collettiva è plasmata dal nulla della non vita, nel momento in cui la mente domina il materiale e l’immateriale, in cui basta aver dimenticato un mezzo, come un cellulare o un pc, per sentirsi mutilati nell’animo, cosa rimane di fantastico e compensativo in cui credere per i bambini? Io CREDEVO e nel mio intimo da bambino ho sempre CREDUTO nell’oltre, nel mondo in cui non esistono vuoti di senso, ma solo sensazioni di equilibrio e protezione, figure amiche ti circondano e ti accompagnano in ogni istante e ti permettono di vivere senza timori, senza cadere nell’insensato. Certo questo mondo l’ho prolungato a tal punto da perdermi pezzi di vita reale, o meglio di pseudovita reale, fu così che mi risvegliai (o riaddormentai) adulto e inadeguato, panta rei, il divenire eracliteo in cui tutto scorre e nessuno può bagnarsi due volte con la stessa acqua nel fiume della vita. Il mio corpo era cresciuto, ma il mio animo in fondo cosa aveva perso? Parmenide a differenza di Eraclito non credeva nel divenire, affermava invece che “l’Essere è e non può non essere”, nulla cambia o si trasforma,  il nostro io interiore, il nostro nucleo originario, è antico pur essendo nuovo! Ma confrontarsi con gli altri, quelli che il divenire (o l’apparenza del divenire) aveva portato avanti nel tempo insieme a me, era duro, loro sembravano avere vissuto “esperienze” che il sistema reputa normali, dunque io e il mio mondo eravamo anormali?!? Nella scacchiera della vita io ero rimasto fermo, le mosse e contromosse sembrava che non le avessi fatte e credo che a un certo punto avessi deciso di recuperare. Due fasi estreme, che come punti lontanissimi arrivarono poi a toccarsi per fondersi. Non ricordo bene quando, forse intorno ai 20 anni, mi gettai nell’estrema domanda di senso, nella ricerca di Dio scavando ancora più a fondo nel mio sé, cercando di annientare ogni senso e ogni speranza come nella tempesta più devastante, in un acuirsi di sofferenza e sensazioni. Ricordo che nel buio, nella negazione totale di Dio e di ogni bene vidi una luce… e NON ERA MIA!!! Fu l’inizio di una nuova speranza, nella quiete dopo la tempesta un barlume luccicava che non ero riuscito in nessun modo a spegnere, era lì, coscienza nel buio, a darmi una risposta, o meglio una non-risposta: era una presenza oltre il mio sé, il luogo dell’incontro con Dio, che pur guardandoci negli occhi con eterna benevolenza, noi nella vita non riusciamo mai a vedere.

Fu l’inizio di una nuova vita, abbandonai il mondo bambino e iniziai ad affacciarmi in quello dei giovani adulti. Certo, avete presente quegli eremiti che vengono ritrovati nella foresta dopo anni di assenza dalla civiltà? Così ero io allora, ma se fino ad un momento prima respingevo, ora, se pur debolmente iniziavo ad essere un polo d’attrazione.  Sia chiaro, la vita va “vissuta”, ci sono dei motivi per cui siamo qui, le pulsioni, gli istinti, vanno assecondati perché sono innati: ci spingono a fare il necessario per vivere e sopravvivere in questo mondo, sono oltre il controllo anche se il sistema riesce a cristallizzarli trasformandoli in forme precostituite da somministrare in dosi massicce e ripetitive. Uno pensa di essere diverso magari solo perché trasgredisce le regole del sistema sociale, quando invece è lo stesso sistema a volerlo e non importa come vivi, quello che fai, l’importante è rimanere nel limbo dell’inconsapevolezza, non c’è qui una sostanziale differenza tra uno stimato ingegnere, un prete o un rocker sballato!!! Ora ritornando a me, tralasciando le farneticazioni, io ho scelto una non vita piuttosto normale dopo il risveglio, non mi interessava più tanto la spiritualità estrema, quanto piuttosto la materia e il riuscire ad entrare in relazione con le monadi che fino a quel momento avevo ignorato pensando di poter farne a meno. Altro che reincarnazione, credo piuttosto che l’esperienza la facciamo nel risveglio, su un piano d’eternità (ricordate Parmenide) che ci culla e ci permette al contempo di vedere il tutto da diverse prospettive! Infatti c’erano si quelle persone precise a cui ho fatto riferimento sopra, ma prima erano ininfluenti. Monadi senza finestre, la più chiusa e inespressiva era la mia e una volta aperto uno spiraglio il risucchio fu molto forte. Non riuscivo più a fermarmi, la necessità di un contatto e il rigetto di qualsiasi forma di chiusura divennero irrefrenabili. Crearmi una non vita nel sistema precostituito era dunque il mio obiettivo e gli equilibri gravitazionali necessari a compensare queste esigenze si misero in moto. Il difficile era scegliere dove andare e a che cosa rinunciare. Il mondo femminile fu senza dubbio uno dei poli vincenti, come già precisato finché respingevo tale mondo mi era ignoto, ma dopo l’apertura, nel mio piccolo iniziai anch’io ad attrarre esperienze e nel mio consueto stile capai quelle peggiori, in grado cioè di amplificare a dismisura l’illusione, che nei rapporti amorosi è sempre in agguato. Il desiderio e l’illusione, diceva Budda, sono fonti di dolore e sofferenza, per lui la vita è sofferenza e io non mi sono tirato indietro di fronte a tali esperienze. Però per uno che era vissuto in un modo parallelo andarsi a cacciare nel mondo di specchi di una donna plurimmagine, a tal punto che a volte oltre l’immagine c’era il nulla. Ebbene ne conobbi una che in televisione mai era apparsa pur recitando per le varie comparse della sua vita amore intenso e tragici abbandoni, per poi ricatapultarsi in nuove illusioni e avvinghiare in intrecci inestricabili gli infelici personaggi che capitavano a tiro delle sue angoscianti persecuzioni. La più perseguitata, glielo riconosco, era lei stessa, il suo farsi del male era però un distribuire ustioni di primo grado alle persone che gli si avvicinavano. Non esiste miglior antidoto per il risveglio: se sbatti contro il muro e riesci a rialzarti poi dovresti perlomeno cambiare direzione. Eccome se mi servì per orientarmi, ho capito che come in tutte le esperienze la corda non la puoi tirare troppo a lungo, anch’io pur sognatore e platonico  mi spezzai e dopo un paio d’anni intensi passati a sbattere la testa contro il muro (tanto ci volle a cambiare verso) troncai di netto l’ennesima esperienza al di fuori del mondo pseudoreale delle regole e intrapresi un cammino insieme ad una vera anima gemella,  con lei non sono mai deragliato, il sistema ha quindi apparentemente risucchiato entrambi in un contesto di vita standardizzato, quello della “famiglia”! E come mi disse un giorno (anzi come ci dissimo) era (eravamo) stata (stati) in balia delle onde del mare, un momento spinta verso il largo, senza più punti di riferimento, nel suo deserto di perlaceo grigiore, un momento riportata verso riva (o alla deriva)… così ci incontrammo perlomeno per iniziare a navigare insieme tenendoci per mano.

Continua …

 

Autore: opinioniweb - Roberto Nicolini

Sono un insegnante di religione di scuola primaria dal 1996. Nonostante tutto il dato di "fede" non ha mai prevalso sulla ricerca della verità. Del resto è l'unica cosa che al di là dei limiti oggettivi della nostra vita ci rende effettivamente liberi e quindi ci avvicina a Dio, in qualunque modo Esso si manifesti!

5 pensieri riguardo “Avanti e indietro: storia di un’involuzione interiore (seconda parte)”

  1. Roberto, da questo tuo scritto si rileva una fragilità che è tipica del periodo che riguarda la crescita. E’ stato interessante leggere. Non ho però ben capito cosa ti abbia fatto riavvicinare ad una fede. Sicuramente è importante rivolgere l’attenzione a quelli che sono i veri valori nella vita. Ma io penso che a volte nascondersi o crearsi uno scudo legato solo all’appartenenza di un credo non porti lontano.

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  2. Nel mio caso come credo nella maggior parte delle persone che sono alla ricerca di un senso nella propria vita la fede non è mai una certezza o un dono madre un tormento! Non ho infatti abbracciato una fede quanti piuttosto ho percepito un oltre (avevo scritto un post nel periodo di Pasqua intitolato Oltre per descrivere le emozioni private), un sensori, un’idea grandiosa che necessita in se stessa un Dio ma allo tempo non lo mette in scatole preconfezionate come fanno le religioni. Quindi si, non sono ateo ma neanche religioso in senso stretto perché non ho dogmi che definiscono il mio Dio su misura o arrivano a negarne oltre ogni ragionevolezza l’esistenza. Sono alla ricerca e nel tormento ho trovato istanti d’eternità spazzati via dalla mia poca fede e tanto orgoglio che mi rende cieco e mi impedisce di vivere senza paure ogni istante che mi è stato donato. Ciao scusa per la poca chiarezza e grazie per il prezioso commento.

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