Oltre le strutture psichiche e sociali, all’origine della persona polo dinamico di conoscenza (seconda parte).

Non tutto è ciò che sembra!

Concludo la panoramica delle teorie sullo sviluppo umano evidenziando come in esse non ci sia mai nulla di acquisito, anche se al contempo niente viene perduto. C’è un approccio multidisciplinare e dinamico, che coinvolge il cognitivo, il sociale, il culturale, lo sviluppo del linguaggio e persino la narrativa come capacità dell’uomo di scrivere la propria storia e con essa la storia dell’ intera umanità! QUI LA PRIMA PARTE DEL POST!

Quest’ultimo aspetto è stato preso in considerazione dall’etologia. Gli etologi hanno messo insieme le componenti innate e quelle apprese, affermando che l’evoluzione implica sia un cambiamento filogenetico, sia uno ontogenetico.
L’organismo è parte di un sistema che include l’ambiente con i suoi aspetti fisici, interpersonali e culturali. Nello studio della specie umana è più produttivo applicare “il concetto di adattamento intelligente1 per vedere come i comportamenti insegnati dalla società producono un adattamento ottimale” (Patricia H. Miller 1983;1992; Charlesworth, W., 1979). La comparazione tra le culture umane ci dice che cosa è universale nonostante le differenze ambientali.
Come si può vedere dalle teorie sin qui accennate, lo sviluppo procede su diversi livelli e su molte aree di contenuto contemporaneamente. Sicuramente nessuna teoria è riuscita a districare questo complesso processo. La visione tradizionale del progresso scientifico considera la storia di una disciplina come un’impresa cumulativa. Si può trovare una continuità fra Freud ed Erikson o fra la teoria dell’apprendimento classico e la teoria dell’apprendimento sociale. Ma considerando un arco di tempo più lungo il progresso storico di queste teorie non sembra seguire questo sviluppo. Si rimane più colpiti dalla discontinuità che dalla continuità nel passare da Freud, alla teoria dell’apprendimento sociale, a Piaget…
Kuhn concepisce invece la scienza più come ciclica che cumulativa. Nelle scienze sociali non si è mai avuto un paradigma accettato da tutti gli studiosi di queste discipline. Ci sono però paradigmi ristretti a una sottoarea di campo. Dal momento che nessuna teoria spiega lo sviluppo in modo soddisfacente, diventa cruciale per gli psicologi ricavare contenuti, metodi e concetti teorici da molte teorie diverse. Tale approccio ha condotto a ricerche e a teorie su piccola scala e orientate sul problema. All’interno di quest’area problematica i concetti e i metodi che vengono selezionati dovrebbero riuscire a catturare le diverse variabili coinvolte.
Per questo motivo è interessante studiare i sistemi all’interno dei quali avvengono i comportamenti ( questo è un aspetto comune a tutte le teorie sin qui esaminate). In particolare il sistema dato dalla relazione madre-bambino, che è un sistema aperto in cui non ha senso chiedersi quale sia il punto di partenza, ma bisogna studiare come interagiscono gli elementi per formare un cambiamento nella relazione. Tale sistema è una totalità di elementi, cioè un tutto-strutturato, il modello di ricerca dinamico in cui si intrecciano natura e cultura.
Gli studi a cui mi riferisco sono quelli del Bruner relativi all’acquisizione del linguaggio, che forniscono un modello d’interazione particolarmente dinamico. . Bruner fa sua la definizione che Austin2 diede della pragmatica, come imparare a “fare le cose con le parole”(Jerome Bruner, 1983;1987; Austin 1962;1974), cioè su come ottenere un’azione comune e su come guidare un’azione comune con un’altra persona mediante l’uso del linguaggio. C’è una continuità fra l’acquisizione del linguaggio e l’acquisizione della cultura da parte del bambino. La cultura è costituita da procedure simboliche, da concetti e distinzioni che possono essere fatte solo nel linguaggio. Essa è costituita per il bambino solo nell’atto stesso dell’apprendimento del linguaggio e di conseguenza il linguaggio non può essere capito se non nel suo ambiente culturale.
Non è compito dei pragmatici: separare ciò che è innato da ciò che è acquisito, ciò che è naturale da ciò che è culturale. L’indagine verte su molteplici funzioni linguistiche fondamentali negli ambienti in cui i bambini imparano a padroneggiarle.
Il formato (veicolo per l’acquisizione del linguaggio), è una struttura d’interazione standardizzata, inizialmente microcosmica con ruoli definiti che alla fine diventano reversibili. Quando raggiunge una forma più evoluta si trasforma in “atti linguistici”.
Formati originari: scambio di oggetti, il cucù, il nascondino…sono casi tipici per la struttura delle prime forme di comunicazione. Qui le parole completano l’azione, possiedono proprietà simili al linguaggio, sono “sistemi di vita” (Jerome Bruner 1983;1987) simili al linguaggio.
Tali formati di gioco si trasferiranno poi dai luoghi originari, generalizzandosi ad attività e ad ambienti in cui prima non erano mai accorsi. Questa separabilità della forma dal contesto conferma il carattere astratto delle prime forme di comportamento dei bambini e pone in dubbio il fatto che tutte le prime forme di comportamento sociale siano egocentriche. Se i bambini fossero irreversibilmente concreti o inflessibilmente egocentrici, potrebbero apprendere il linguaggio o fare i giochi che fanno?
Il linguaggio pone inoltre il problema del riferimento ,che è qualcosa di non naturale, mentre la sua convenzionalizzazione pone un problema psicologico. Il bambino non sta a lungo nella condizione di segnalare soltanto che egli vuole, ma ben presto desidera indicare “che cosa” egli vuole(Jerome Bruner 1983;1987). Il far richieste fornisce un mezzo non solo per fare le cose con le parole, ma anche per operare nella cultura: coordinare il proprio linguaggio con le esigenze dell’azione nel mondo reale e di farlo nei modi culturalmente prescritti, che implicano persone reali. Qui gli adulti sono più interessati ai “modi” del bambino che non alla buona formazione linguistica dei suoi enunciati.
Più che sui processi cognitivi è stato messo l’accento sui processi sociali condivisi dalla comunicazione pre-linguistica e linguistica. Il principale motivo dell’acquisizione del linguaggio è costituito dalla migliore regolazione di questi processi socio-culturali profondi.
I formati sono versioni speciali di contesti preselezionati e precostituiti dalla relazione madre-bambino. Riguardo alla convenzionalizzazione, per fare indicazioni e richieste le convenzioni hanno un carattere non propriamente linguistico, quanto culturale in senso lato.
Anche Vygotskij afferma che “i bambini crescono nella vita intellettuale di coloro che li circondano” (Jerome Bruner, 2002;2006; Lev Vygotskij 1962;2001). Pensare e apprendere, dunque, sono processi intrinsecamente sociali e dinamici. Sono sociali per il fatto che avvengono in un contesto storico-sociale e ne sono da esso influenzati.
Voglio concludere questa breve sintesi relativa all’acquisizione del linguaggio e all’interazione con la cultura di appartenenza, parlando dell’importanza della narrativa. Bruner affronta la questione in un suo recente libro, “La fabbrica delle storie”, ove afferma che “la narrativa, anche quella di fantasia, dà forma alle cose del mondo reale e spesso conferisce loro addirittura un titolo alla realtà” (Jerome Bruner, 2002;2006). Sembra che sia proprio la letteratura che attraverso il linguaggio, offre mondi alternativi che gettano nuova luce sul mondo reale. Una precondizione della vita collettiva in una cultura, è proprio la nostra capacità di organizzare e comunicare l’esperienza in forma narrativa. Così è “la convenzionalizzazione della narrativa che converte l’esperienza individuale in una moneta collettiva in grado di circolare su base più ampia di quella interpersonale” (Jerome Bruner, 2002;2006). Gli studi della linguistica affermano che pensare serve a parlare, cioè che arriviamo a pensare in un certo modo per poterci esprimere nella lingua che abbiamo imparato a usare, ma ciò non significa che tutto il pensiero sia al fine esclusivo della parola. Tutto si trasforma, filtrato dal linguaggio, in “eventi verbalizzati” (Jerome Bruner, 2002;2006).
Certamente la costruzione della nostra identità può essere concepita come uno di questi eventi verbalizzati, un meta evento che offre coerenza e continuità alla confusione dell’esperienza. Possiamo affermare che esistono due mondi mentali, il paradigmatico e il narrativo, uno sottoponibile al vaglio della scienza, l’altro pieno di metafore, immagini del possibile in un mondo imperfetto.
Possiamo inoltre affermare che i bambini entrano assai presto nel mondo della narrativa. Come gli adulti sviluppano aspettative su come dovrebbe essere il mondo e sono sensibilissimi all’inaspettato. Nei loro primi giochi sono affascinati dall’imprevisto, esempio nel gioco del bubusettete. Amano la ripetizione e la ripetuta finta sorpresa dell’adulto. Queste sorprese rituali sono molto gradite, ma non quelle attinenti alla cose reali, che li spaventano moltissimo. Tutto questo fa pensare ad una precoce capacità narrativa o scenica, ancora prima dell’emergere del linguaggio. Concludo riprendendo il titolo di questa relazione, per mettere in evidenza che “oltre le strutture psichiche e sociali” la persona “scrive” la sua storia in un libro che ha come presupposto lo sfondo culturale di riferimento, lasciando però libero ognuno di farsi protagonista della propria vita, attore più o meno consapevole, in grado di creare significato e con questo di cambiare il mondo.
Riferimenti bibliografici
Patricia H. Miller (1992). Teorie dello sviluppo psicologico. Trad.it. Bologna: Il Mulino.
Jerome Bruner (1987). Il linguaggio del bambino. Come il bambino impara ad usare il linguaggio. Trad.it. Roma: Armando editore.
Jerome Bruner (2002). La fabbrica delle storie. Roma-Bari: Laterza & Figli.

1 La ricerca etologica di Charlesworth studia la funzione ed il significato etologico dell’uso spontaneo dell’intelligenza da parte del bambino

Autore: opinioniweb - Roberto Nicolini

Sono un insegnante di religione di scuola primaria dal 1996. Nonostante tutto il dato di "fede" non ha mai prevalso sulla ricerca della verità. Del resto è l'unica cosa che al di là dei limiti oggettivi della nostra vita ci rende effettivamente liberi e quindi ci avvicina a Dio, in qualunque modo Esso si manifesti!

16 pensieri riguardo “Oltre le strutture psichiche e sociali, all’origine della persona polo dinamico di conoscenza (seconda parte).”

  1. Bardzo interesujący wpis, szczególnie o tym jak ważne są opowiadania. Stwierdzenie “la narrativa, anche quella di fantasia, dà forma alle cose del mondo reale e spesso conferisce loro addirittura un titolo alla realtà” daje dużo do myślenia.

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