Ho deciso di ripubblicare questo mio vecchio post (dove potete leggere un commento di Lorenzo), perché la morale di questa antica favola fa emergere con forza – di fronte alle ingiustizie e ai mali del mondo – la domanda: Perché lo fanno? Una domanda che sembrerebbe implicare una distinzione tra ESSI, coloro nei quali domina l’irrazionale e NOI, i quali come fa la rana ricerchiamo un senso alle nostre azioni e ci aggrappiamo alla vita! Una distinzione troppo netta dato che questo dualismo è presente dentro ognuno con equilibri più o meno precari. E come provo a spiegare nella parte finale del post, anche nella scelta della rana di affidarsi c’è dell’irrazionalità, ma di natura diversa perché si ancora alla speranza, alla logica della reciprocità che caratterizza l’amore. Ma vi lascio al post…
Un’antica favola persiana intitolata “Lo scorpione e la tartaruga” o la versione attribuita ad Esopo, anche se non ci sono prove certe in merito, chiamata “La rana e lo scorpione” racchiude in sé uno dei misteri che caratterizza l’essenza della natura umana: la capacità di agire in modo irrazionale, causando coscientemente danno a sé stessi e agli altri!
Una rana stava tranquillamente sguazzando in un fiume quando gli si avvicinò uno scorpione. Devo passare dall’altra parte – disse – ma io non so nuotare e non so come fare, se provo affogherò. Tu potresti darmi un passaggio sul tuo dorso? La rana dubbiosa rispose: – Se io ti lascio salire sul mio dorso tu mi pungerai. Ma lo scorpione rassicurò la rana: – Non ti preoccupare, perché dovrei farlo? Se ti pungessi affogherei anch’io perché entrambi andremmo a fondo. La rana rassicurata fece salire lo scorpione sul suo dorso. Quando arrivarono al centro del fiume lo scorpione punse la rana, che stupita da tale gesto trovò la forza di chiedergli: – Ma perché l’hai fatto? Moriremo entrambi! Lo scorpione rispose: – Non ho potuto farne a meno, è nella mia natura!
Guardando alla storia recente o passata possiamo trovare innumerevoli esempi in cui l’uomo dà il peggio di sé provocando guerre, morti e sofferenze a non finire. L’intelligenza umana è stata in grado – più di ogni altra forza della natura – di trasformare il mondo e plasmarlo per i suoi fini. Questo non sarebbe un problema se i fini dell’uomo fossero compatibili con la vita di cui l’uomo stesso è parte. Il problema nasce nel momento in cui ci si accorge che la vita, il benessere e l’amore è secondario all’interno della nostra specie, prioritaria è invece la sete assoluta di potere e di dominio che alcuni individui esercitano in modo totalmente irrazionale su tutto e su tutti, comportandosi né più né meno come lo scorpione della favola. Sentiamo spesso citare in televisione una famosa frase di Einstein, che affermava che quando le api spariranno dal pianeta all’uomo rimarranno solo quattro anni di vita. La causa della moria delle api è proprio l’uomo-scorpione, quello che grazie “alla sua natura” modifica l’ecosistema portando squilibri irreversibili che minano la sua stessa esistenza. Ma se fosse l’uomo a sparire accadrebbe lo stesso alle altre specie viventi? Perché il privilegio di sapere di esserci che caratterizza l’umanità rispetto a tutti gli altri esseri viventi, comporta anche la consapevolezza del non-esserci più, del tornare al NULLA da dove veniamo che sembra affascinare i tanti che fanno del male scientemente e si immolano per questo! Noi siamo in perenne guerra gli uni contro gli altri, la pace viene spesso invocata, ma quante persone riescono davvero a capire che cos’è?
La vita stessa è guerra, sempre e comunque contro l’oblio. Riflettendoci è il paradosso della vita: sia la guerra degli uomini, sia la guerra del finito contro l’infinito, sono entrambe causa della morte come assurdo e limite! Perché la vita vuole sempre e comunque Essere al di là di ogni confine fisico o spirituale e oltre l’insensatezza umana. A volte mi chiedo: siamo davvero sicuri che l’ultimo nemico da sconfiggere sia la morte? Certo, nel cristianesimo Gesù si è immolato sulla croce per poi risorgere, identificando in sé stesso la via verso la verità e la vita. E lo stesso Gesù disse:” Se uno vuol venire dietro a me rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”Luca 9,23. Non sembrano proprio razionali frasi che spingono l’individuo a “rinunciare a sé stesso”, ma qui Gesù mette il dito nella piaga dell’egoismo che impedisce all’uomo di amarsi e amare gli altri.
Non è tanto la morte fisica quella da cui Dio salva, Lui salva dall’inganno e dal male di vivere gli uni contro gli altri, nell’invidia e nell’odio che porta alla distruzione. Il fatto di esserci ora, qui e adesso, ci condanna alla vita: rimbalzeremo come bilie, avanti e indietro nel tempo, in questo spazio d’eternità in cui ci è concesso di vivere o fermeremo il divenire incessante in un eterno presente dove il limite e l’infinito coincidono e l’amore per l’assoluto colmerà ogni vuoto?
Nella favola della rana e dello scorpione si tende ad identificare l’uomo con lo scorpione dimenticandosi della rana: essa, pur diffidente perché conosce la pericolosità dello scorpione, sceglie di fidarsi di lui! Non credo che sia stata solo ingenuità: la rana ha voluto credergli, come tanti uomini e donne ogni giorno credono nella vita e nella sua sacralità. Se il germe dell’irrazionalità e del caos fa parte del genere umano, esso pur essendo potente è comunque nulla rispetto al Bene che l’uomo può riconoscere e fare. Quindi c’è sempre la speranza, che come gocce nel mare, ogni gesto, ogni pensiero trasformi la vita in un percorso di crescita e di pace da fare insieme.
L’ha ripubblicato su La solitudine del Prof.
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Sei troppo ottimista, il genere umano, in linea di massima non lo è, perché il male si combatte con il male, è una catena inarrestabile di fatti e misfatti che nessuno riesce a spezzare. Il male prevarrà sempre, e se anche vogliamo dire che la nostra civiltà sta progredendo, dipende sempre dal punto di vista, arriverà un giorno che tutti si accorgeranno delle macerie su cui abbiamo edificato questo progresso. E quando queste macerie si soffocheranno andremo a vivere in bunker sotterranei (che già si stanno costruendo a migliaia), ci rinchiuderemo nelle caverne della preistoria, ma da lì non potremo più fuggire. Questo penso sarà l’inizio della fine.
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Diciamo che cerco sempre di vedere le cose all’interno di una prospettiva di fede. Per me l’uomo non è in grado di dare un senso ad alcunché, all’interno di una logica utilitaristica anche l’amore non è che un attimo di follia. Per me invece l’amore è qualcosa che trascende l’uomo e che in qualche modo lo sostiene. Qui la speranza, un atto di fede certo, ma fondato su un sentimento sincero
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Maravilhoso… eu gosto muito deste texto 🌸
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Grazie mille, sei molto gentile!
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I tuoi post sono sempre particolarmente ricchi di profonde riflessioni che ci conducono non solo ad analizzare il mondo ma anche ad analizzare noi stessi.
Anch’io sono ottimista, perché sono fermamente convinta che l’uomo ritornerà al vero stato di benessere che vive nello sguardo profondo verso l’autentica bellezza che vive in piccoli istanti della nostra esistenza, come il volo di un’ape laboriosa o lo sbocciare rapido di un fiore.
Un caro saluto
Adriana
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Grazie mille Adriana
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