Cuneo fiscale e pensioni

 

Le dichiarazioni dei sindacati confederati riguardo al taglio del cuneo fiscale che porterebbe sin da luglio un aumento dello stipendio netto dei lavoratori tra i 20 e i 100 euro sono unanimi e lodano il governo: bene, bravi, bis!!!

 

Dicono giustamente che il cuneo fiscale italiano è molto elevato, si aggira intorno al 47% contro una media europea del 36%. Esso è composto per una parte minoritaria dall’irpef e per oltre il 30% da contributi previdenziali ( una parte pagata dai lavoratori e una pagata dal datore di lavoro). Quello che non dicono  è che gli stipendi medi dei lavoratori italiani rispetto ad altre nazioni dentro l’UE con un pil comparabile al nostro sono tra i più bassi in assoluto!!!

Attualmente il bonus Renzi consiste in un credito d’imposta fino ad un massimo di 960 euro calcolato in base a delle fasce di reddito oscillanti fra 24000 e 26000 euro. Tale credito viene versato dal datore di lavoro e poi successivamente recuperato mediante compensazioni dalle ritenute fiscali o nel caso l’irpef dovuta dal lavoratore risultasse inferiore al credito versato attraverso una riduzione dei contributi previdenziali. Spetta poi all’INPS recuperare tali somme e versarle ai lavoratori. Nella manovra attuale il bonus viene esteso a fasce più ampie di lavoratori e trasformato il detrazione. Rimane comunque selettivo, cioè attribuito in base a delle precise fasce di reddito e solo ad alcune categorie di lavoratori. Quindi NON si configura in una vera riduzione delle aliquote IRPEF e per ora è un beneficio limitato ai lavoratori.

Per il futuro sono molte le ipotesi al vaglio per ulteriori tagli al cuneo fiscale. Fra le varie possibilità un problema sulla questione l’evidenziava proprio un sindacato nel lontano 2016 – la UIL – che a seguito di uno studio affermava “L’ipotesi di limare il cuneo fiscale abbassando la contribuzione previdenziale di 6 punti percentuali, 3% a carico del datore di lavoro e 3% a carico dei lavoratori, avrebbe gravi conseguenze sulle pensioni future di milioni di italiani con tagli anche del 18%: si arriverebbero a perdere con 35 anni di contributi, ad esempio, circa 298 euro al mese per 3.874 euro annui mentre con 43 anni di contribuzione l’assegno pensionistico potrebbe arrivare a perdere 412 euro al mese per complessivi 5.356 euro all’anno.” Clicca QUI per leggere!

Quindi se si tagliassero i contributi avremmo certamente pensioni più basse e la tassazione tolta oggi si riverserebbe con pesanti conseguenze sulle pensioni future dei lavoratori. Inoltre possiamo aggiungere che il 3% non pagato dal lavoratore sarebbe soggetto alla tassazione irpef una volta rientrato nello stipendio netto. Cosa evitabile – evidenziano i tecnici che stanno studiando una soluzione – lasciando al lavoratore la possibilità di versare questa percentuale in una pensione integrativa. InZomma una grande novità: spostare l’enorme “ricchezza” del sistema previdenziale pubblico verso la gestione privata ( QUI il pdf della UIL contn tutte le ipotesi di taglio contributivo)!

Un progetto ambizioso certo e da portare avanti con estrema cautela, soprattutto perché attualmente le pensioni in essere sono ancora pagate da chi lavora e quindi versa i contributi. Le ultime riforme hanno già pesantemente precarizzato il lavoro e mantenuto i salari su livelli estremamente bassi. I dati dimostrano che i salari reali in Italia sono calati negli ultimi dieci anni di oltre il 4% tornando di fatto all’era precrisi. Oltre alla disoccupazione sono aumentati i lavori part-time. La situazione è allarmante e proprio in questi giorni si evidenziava il fatto che per 400mila famiglie la presenza di un nonno pensionato consente di dimezzare l’esposizione al rischio povertà. E questo nonostante le pensioni percepite dalla maggioranza degli italiani si attestino intorno ai 1000 euro!

Ricapitolando: tagliare ulteriormente il cuneo fiscale significherà con ogni probabilità tagliare anche i contributi pensionistici e ciò potrebbe comportare, in forma volontaria ma comunque ben propagandata con vantaggi fiscali e altro, un almeno parziale smantellamento della previdenza pubblica con probabile e incentivato spostamento verso quella privata (pensione integrativa – fondi pensione…). Se pensiamo ai continui allarmismi sulla tenuta del sistema pensionistico e sulla necessità di un indefinito allungamento dell’età pensionabile sembra proprio che questo sia un effetto voluto!

Perché gira che ti rigira è sempre lì che si va a sbattere: lo Stato è brutto, cattivo e inefficiente! Allora ci vuole MENO Stato! E siccome lo Stato non ha i soldi per garantire un futuro ai propri cittadini, ebbene ecco che il PRIVATO, attraverso il MERCATO, ci viene incontro garantendoci un (fanta)sioso assegno previdenziale!!!

Quindi bravi sindacati, non insistete troppo sui rinnovi dei contratti di categoria, perché il pubblico deve risparmiare (lo Stato non ha i soldi) e il privato deve produrre (quindi un lavoratore deve costare poco). Per aumentare il potere di acquisto dei lavoratori servirebbero sin da subito adeguati aumenti salariali, unico e vero stimolo ai consumi a al rilancio dell’economia reale. Ma visto che NON CI SONO I SOLDI (dicono ESSI) meglio parlare d’altro. Del resto non siete proprio voi i primi a credere che lo Stato è come una famiglia e che si deve risparmiare e che così ci sarà un bel tesoretto e finalmente tutti vivremmo felici e contenti?

Comunque il prossimo passo come affermano esponenti del governo sarà probabilmente rivolto ad un taglio dell’IRPEF, quindi stavolta tutto bene non è vero? Peccato che chi vuole risparmiare (sulla pelle dei cittadini) non fa che spostare la coperta a seconda di dove gli fa comodo. L’UE da tempo immemorabile chiede all’Italia di spostare le tasse dalle persone alle cose, quindi quale migliore occasione per tagliare l’IRPEF spostando la tassazione sulla fiscalità generale. Che significa in poche parole aumentare l’IVA e se non bastasse le solite accise, oltre ad un’ulteriore rimodulazione delle detrazioni! Ci penserà poi la solita propaganda a far passare una sonora bastonata sulle nostre spalle per un lauto regalo a vantaggio di tutti i cittadini. Per i padroni questo e altro, non ci sono dubbi purtroppo!

Al di là delle battute e della facile ironia, la situazione attuale è purtroppo il frutto della convergenza di intenti di tutte le forze politiche e sindacali che dagli anni 90 hanno scientemente collaborato per distruggere il welfare, cioè le tutele sul lavoro che dal dopoguerra hanno garantito ai lavoratori dei VERI DIRITTI e un lavoro dignitoso in grado di migliorare la propria condizione sociale.

 

L’unica speranza che questo sistema si autodistrugga e non porti a compimento tutte le proprie demenziali riforme è proprio la stupidità condita dall’incapacità di chi ci rappresenta ( e non mi riferisco qui solo a questo governo ma più in generale alla nostra classe politica). Infatti uno Stato che accetta il mantra liberista “NON CI SONO I SOLDI” e applica le regole di riduzione del deficit e pareggio di bilancio, anche in questo caso non può che fare misure di portata troppo piccola rispetto alla gravità della recessione in atto. Quindi il taglio del cuneo non sarà in grado di incidere sul PIL, ma probabilmente potrà generare falle soprattutto sul bilancio statale accelerando il crollo di un modello economico socialmente insostenibile.

Autore: opinioniweb - Roberto Nicolini

Sono un insegnante di religione di scuola primaria dal 1996. Nonostante tutto il dato di "fede" non ha mai prevalso sulla ricerca della verità. Del resto è l'unica cosa che al di là dei limiti oggettivi della nostra vita ci rende effettivamente liberi e quindi ci avvicina a Dio, in qualunque modo Esso si manifesti!

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