Una storia di crisi e di opportunità

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Foto da pixabay

Il racconto che segue è frutto della florida fantasia di Stefano. Personalmente non sono riuscito a classificarlo, è fantascienza o tragica parodia? Boh, probabilmente la realtà attuale supera in originalità e colpi di scena anche la più fervida immaginazione.

Fanta-racconto di Stefano

Di primo acchito la notizia non sembra rivestire una grande importanza.

In India, nel Rajastan, c’è il timore di una epidemia da influenza che provoca, in alcuni casi e in persone con problemi di salute, una grave polmonite a volte letale.

La notizia viene data dal telegiornale serale quasi in conclusione: «… il contagio è per ora limitato alla città di Jaipur e le autorità locali hanno circoscritto l’area. Il reparto malattie infettive dell’ospedale locale è presidiato per evitare ulteriori fuoriuscite del virus dalla zona rossa.»

Mia moglie ed io commentiamo che probabilmente si tratta della solita “falsa” epidemia, come la Sars, l’Aviaria e altre. «Sarà la solita influenza stagionale!» Critico io con fare noncurante.

La sera successiva, come al solito, accendo la TV sul notiziario. L’annuncio sulla strana influenza è già balzato in terza posizione con centinaia di contagiati, una ventina di morti e alcuni casi sospetti anche a Nuova Delhi ed a Calcutta.

Due settimane dopo, il virus viene isolato da alcuni biologi italiani e riceve anche un nome: Caudavirus (virus con la coda) per la sua forma particolare. Il Presidente del Consiglio Giovanni Duca, spinto dalle solite polemiche, plaude i ricercatori precari e raccomanda che questi vengano assunti a tempo indeterminato. Passa un’altra settimana e il Caudavirus conquista il primo posto su tutti i TG: in India i contagiati sono ormai duemila e quattrocento i morti, parecchi paesi asiatici hanno i loro focolai e in Europa compare prima nel Regno Unito e da lì poi in Italia, a Tivoli.

La situazione precipita di giorno in giorno: Tivoli diventa zona rossa e, a seguire, Roma e il Lazio, mentre focolai di contagio si diffondono in tutta Italia al punto da renderla ben presto il Paese più colpito al mondo dopo l’India. Duca, dopo aver ascoltato il parere dei più importanti virologi italiani, parla a reti unificate ed impone lo stato di allerta nazionale: chiusura delle scuole e di tutte le attività non strettamente indispensabili, divieto assoluto di spostamenti non necessari e di tutte le forme di assembramento.

Poco dopo l’annuncio, il Premier riunisce il governo e convoca i segretari dei partiti che lo sostengono.

Con fare estremamente serio e compunto esordisce, imponendo il silenzio con la mano: «Ho una proposta, ma la esporrò dopo avervi illustrato tutta la situazione in base alle informazioni a me pervenute da fonti assolutamente attendibili.»

I membri rumoreggiano tra loro e si guardano a vicenda per scoprire se qualcuno di loro sia a conoscenza di qualcosa. Duca riprende: «Intanto voglio precisare, ma immagino che molti di voi già ne siano a conoscenza, che non abbiamo a che fare con un virus naturale, ma con un’arma diffusa dai nostri potenti alleati per colpire quegli Stati che non si sono allineati ai loro diktat. Se guardate la diffusione geografica dell’epidemia, potrete comprendere a chi mi sto riferendo e perché.»

Nonostante la maggior parte dei presenti sia già a conoscenza di queste informazioni, il gelo cala nell’assemblea, in quanto ognuno inizia a interrogarsi sugli obiettivi del Premier.

«Inoltre, questo morbo è stato formulato per non provocare troppi morti, ma per risultare virulento ed allarmante: insomma è un’arma strategica, persuasiva.»

Interviene il leader della Corrente 5 Lune, partito di maggioranza relativa, Di Peio: «Visto che è un virus poco mortale, direi che è inutile fermare così drasticamente l’economia della nazione, poiché il danno finanziario nella popolazione ci sarà fatale alle prossime elezioni!»

Il Premier si indispettisce per l’interruzione: «La prego di farmi terminare l’esposizione e, in merito alle prossime elezioni, sappia che saranno comunque un disastro per i partiti di maggioranza, a meno che…».

Mentre l’assemblea borbotta, Duca riprende: «Vi dico subito che le autorità europee non hanno intenzione di aiutarci economicamente e che, anzi, non aspettano altro per commissariare il nostro Paese e finire di comprare, per quattro soldi, tutti i nostri patrimoni. Ho inoltre parlato personalmente col presidente Kramp per sollecitare una distensione politica e ottenere l’antidoto al loro morbo. Mi ha cordialmente risposto che se potesse decidere autonomamente avrebbe già fatto le sue scelte, ma purtroppo deve assecondare i finanziatori della sua campagna elettorale che, da tempo, hanno già messo gli occhi sul nostro Paese.»

A questo punto insorge Rometti, leader del Partito Sinistro: «Non è possibile, lei dice che tutti i nostri amici ci stanno tradendo! Andrò io personalmente a parlare con tutti e sistemerò le cose!»

«Ho già detto che non gradisco le interruzioni, il Presidente del Consiglio sono io e fin quando non sarò sfiduciato spetta a me dettare l’agenda.»

Il nervosismo nell’aula comincia ad essere denso, Rometti si agita sulla sedia, facendo il gesto di andarsene, senza però agire.

«Quello che dirò d’ora in poi deve restare qui dentro e io negherò sempre di aver pronunciato queste parole.» Rapidamente Duca preme un bottone su un apparecchio elettronico che inizia a produrre disturbi in grado di vanificare eventuali registrazioni.

«Ora non potrete registrare nulla! Dunque, ho parlato anche col Presidente della Repubblica Rasagnola per ottenere il suo appoggio, che mi è stato rifiutato per fedeltà all’Unione Europea. Avete compreso? Il Capo dello Stato è più fedele ad un organismo straniero che alla sua nazione! Comunque la mia proposta è questa: con l’alibi dell’epidemia inaspriamo le misure di restrizione e blocchiamo la gente a casa, chiudiamo tutti gli uffici pubblici, i ministeri, le banche, i bancomat… insomma tutto! Dopodiché dichiariamo l’uscita dall’Unione Europea e dall’Euro.» Sottolinea la frase con enfasi. Dopo un silenzio lungo almeno dieci eterni secondi scoppia la bagarre. Le voci si accavallano in un caos inestricabile. Il Premier comincia a battere la mano sul tavolo con violenza: «Silenzio! Silenzio vi prego, avrete modo di parlare tutti, ma civilmente ed uno per volta!»

Subito Rometti approfitta di un attimo di parziale calma: «Non sono per niente d’accordo, l’Europa è la nostra nuova patria, abbiamo firmato i trattati e, sinceramente, da soli ci ritroveremmo fagocitati da tutti i competitori internazionali.»

Duca dimostra una calma glaciale: «Benissimo, io non obbligo nessuno a stare ad ascoltare il mio piano. Se riuscirò a formare una maggioranza andrò avanti, altrimenti, se riuscirete a sfiduciarmi, mi farò da parte.»

Con un gesto di stizza Rometti chiama tutti i suoi ministri ed esce dall’aula, seguito subito dal leader e ministri dell’altro partitino di governo. Il Premier resta da solo con i rappresentanti della Corrente 5 Lune. «Vi prego, fate chiamare dagli uscieri tutti i rappresentanti dei partiti di opposizione e di quelli del gruppo misto. Vediamo se si riesce a mettere insieme una maggioranza parlamentare.»

Di Peio fa un gesto ad uno dei suoi che esce di fretta, poi chiede: «Sta facendo sul serio? Lo sa che cosa stiamo rischiando?»

«Non sono mai stato più convinto. Ovviamente qualche timore ce l’ho, ma stavolta mi sono davvero stufato di non dare retta alla mia coscienza. Non era questo che volevo quando ho intrapreso la mia carriera politica. L’Italia, anche se non aveva grandi risorse naturali, era una potenza economica per merito del suo popolo e della sua inventiva, della sua bellezza e della sua posizione geografica. Non si merita proprio che venga svenduta a popoli che non hanno niente della sua civiltà, della sua creatività e della sua eccellenza! Vedrà, se ce la faremo torneremo ad essere tra i primi al mondo e la gente se ne ricorderà nelle urne.»

Di Peio si rabbuia in una espressione triste. «Anche io ed i miei, quando siamo stati eletti, avevamo questi ideali, anzi, credo che la nostra base ancora sia legata a queste aspirazioni, ma, come sa…»

«Lo so, lo so! Ascolti, mi sono fatto una cultura nei blog e nei siti della controinformazione. Abbiamo una schiera di professionisti e di esperti in ogni campo della gestione politica che potrebbero aiutarci a tirare fuori l’Italia da questa situazione paradossale. Abbiamo economisti, esperti di comunicazione, ideologi, filosofi, giuristi, costituzionalisti, psicologi e sociologi. Tecnici meravigliosi che sarebbero felici di farci da consulenti. Mi creda, possiamo farcela!»

«Sa che cosa le dico? Quasi quasi la appoggio, considerato che non c’è alcuna speranza che alle prossime elezioni la mia Corrente possa venire rieletta al governo, vista la magra figura fatta finora.» «Non mi sarei mai permesso di farglielo pesare, ma ha perfettamente ragione!»

Nel frattempo arrivano in aula i tre rappresentanti della destra, quello della estrema sinistra ed altri fuoriusciti da vari partiti, per lo più dalla Corrente.

Duca fa un breve riassunto del suo piano e conclude: «Io so che ognuno di voi aveva un ideale quando si è lanciato in politica, magari peculiare, ma in tutti accomunato dall’amore per la nostra Patria. Conosciamo altresì tutti il livello di coercizione e di corruzione al quale siamo stati sottoposti e al quale abbiamo ceduto, ma questa può essere la nostra occasione di riscatto: se ce la faremo, ne raccoglieremo di sicuro i frutti. Sta a voi scegliere!»

Mario Moscio del partitino Comunismo interviene dubbioso: «Quindi devo decidere se allearmi con i partiti di destra?»

«È ovvio che sarebbe un’alleanza programmatica, finalizzata all’uscita dall’Europa e alla delicata gestione del “dopo” nei successivi tre anni, fino alle prossime elezioni “politiche”. Voi siete i più dichiaratamente sovranisti.»

«La cosa mi alletta, ma dovrò sentire i compagni di partito prima di decidere.»

«D’accordo, ma che sia una decisione rapida! Sentiamo ora Bertuccioni del partito Alé Italia.»

Il vecchio industriale prestato alla politica si fa serio: «A me questa Europa non piace per niente, ma già una volta ho tentato di mettermi di traverso e ne ho pagato le conseguenze. Non posso rischiare che mi silurino ancora, io devo pensare anche alle mie aziende e a tutto l’azionariato di minoranza. Mi rincresce!»

«Ho capito, ma se non le dispiace la prego di accomodarsi fuori.»

Bertuccioni obbedisce mesto.

«Bene, non importa, penso che ce la possiamo fare lo stesso, ora voglio sentire la signora Cocomeri leader dei Cugini d’Italia.»

La onorevole è raggiante e non prova neanche a mascherare il suo accento romanesco: «Davvero non mi sarei mai aspettata da lei una mossa simile. Il mio Partito aderirà entusiasticamente!»

«Ne ero certo. Ora, Disfattini, leader dell’Amalgama, lei rappresenta il secondo partito del Paese. Aveva nel suo programma elettorale proprio la presa di distanza dai Trattati Europei, poi però quando è andato al governo con le 5 Lune, pur avendone la possibilità, non ha sostanzialmente agito in quella direzione. Comunque l’Amalgama è vincente nei sondaggi e, con questa mossa, potrebbe ancora di più compiacere i suoi elettori e ambire alla leadership nelle prossime elezioni. Che cosa ne dice?»

Disfattini è un uomo alquanto rude nei modi, molto pieno di sé e borioso. Stranamente resta in silenzio mentre si guarda intorno, stranamente impacciato. Allora Duca prova con la carta dell’adulazione: «Consideri che, senza il suo appoggio, temo di non riuscire ad ottenere la maggioranza!»

Finalmente prende la parola nel suo slang da profondo nord: «Il motto del mio partito è: “In alto gli italiani”, a me l’Europa ha rotto i cogl… (la parolaccia era intera): aderisco! Ma voglio il Ministero degli Interni!»

Duca sorride: «Benissimo, vedremo cosa si potrà fare. Ora vorrei anche il parere dei rappresentanti del gruppo misto.»

Due dei rappresentanti se ne vanno spontaneamente seguendo gli altri dissidenti, ma la maggioranza resta annuendo.

Duca è raggiante: «Perfetto, dobbiamo agire così: lei Di Peio dovrà uscire dalla maggioranza e far cadere il governo. Si beccherà le critiche da tutti per aver provocato una crisi proprio in questo momento difficile, ma subito dopo dovrà andare insieme ai leader del nuovo governo dal Capo dello Stato a proporre la soluzione alla crisi. Lui sarà recalcitrante visto che il Partito Sinistro non farà parte della maggioranza, ma voi porgerete la soluzione di emergenza su un piatto d’argento. Mi raccomando!!! Non fate mai cenno al vostro vero programma.»

La Cocomeri prende la parola: «Mi scusi eh, ma a quest’ora già sarà stato informato del suo piano! Figuriamoci, Rometti sarà corso a “piangere” da lui!»

«Certo, lo immagino, solo che nel doppio caos provocato dall’emergenza sanitaria e dalla crisi di governo si troverà costretto ad accettare in fretta, altrimenti sarà considerato lui il colpevole. Bisogna sfruttare proprio questa situazione eccezionale.»

La Cocomeri e tutti gli altri sorridono diabolicamente. Il Premier riprende: «Il Governo si dovrà costituire in un lampo ed al primo fine settimana dichiareremo l’uscita dall’Euro, con la scusa della necessità immediata di enorme liquidità, per salvaguardare la salute e la vita di milioni di persone. Con la Nazione bloccata, le Borse chiuse e il popolo costretto a casa sarà tutto più semplice. Usciremo poi dalla crisi sanitaria e pomperemo una enorme liquidità, faremo ricostruire le zone terremotate e faremo così ripartire l’economia a mille all’ora. Commissioneremo il debito pubblico e costringeremo i debitori ad accettare la nuova Lira. Istituiremo un programma di lavoro garantito a tutti, insomma a quel punto ci faremo guidare dagli economisti Keynesiani che vorranno collaborare con noi…» Tutti sorridono compiaciuti.

Poi mi sono svegliato.

Autore: opinioniweb - Roberto Nicolini

Sono un insegnante di religione di scuola primaria dal 1996. Nonostante tutto il dato di "fede" non ha mai prevalso sulla ricerca della verità. Del resto è l'unica cosa che al di là dei limiti oggettivi della nostra vita ci rende effettivamente liberi e quindi ci avvicina a Dio, in qualunque modo Esso si manifesti!

16 pensieri riguardo “Una storia di crisi e di opportunità”

  1. Fantascienza, fantascienza senza ombra di dubbio …
    Ma un sogno è qualcosa che succede di notte mentre si dorme ma anche qualcosa che si spera si avveri …
    vorrei tanto fosse delle 2 la seconda … (ma ci spero poco conoscendo tutti gli attori in commedia)
    ciao (anche a Stefano) 🙂

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  2. Ficção ou realidade… muitas das lideranças políticas do mundo gostariam de estar sonhando… Mas, como já perceberam que é real, preferem agir como se estivesse num pesadelo… Enquanto isso, milhares morrem mundo afora, inclusive, alguns deles que sequer saberão se era realidade ou sonho.

    Narrativa o realtà … molti dei leader politici del mondo vorrebbero sognare … Ma, poiché si sono già resi conto che è reale, preferiscono comportarsi come se fossero in un incubo … Nel frattempo, migliaia muoiono in tutto il mondo, tra cui alcuni di loro chi non saprà nemmeno se fosse una realtà o un sogno.

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