
L’estrazione del miele nella maggior parte delle arnie utilizzate ai nostri giorni avviene per centrifugazione, cioè i favi vengono costruiti dalle api su dei fogli cerei inseriti in dei telaini di legno e una volta riempiti di miele l’apicoltore toglie gli opercoli (sono i tappini di cera bianchi che vedete nella foto sopra, messi dalle api quando la celletta è piena di miele), dopodiché li inserisce in uno smielatore. Lo smielatore altro non è che un cilindro in acciaio inox o in plastica alimentare che ruotando grazie alla forza centrifuga fa fuoriuscire il miele dai favi. Dopodiché l’apicoltore versa il miele in dei maturatori e lo filtra meccanicamente con un filtro in acciaio inox. Le eventuali impurità che passano anche attraverso questo filtro piano piano verranno in superficie e saranno ulteriormente scartate dall’apicoltore prima dell’invasettamento del miele, che avviene dopo almeno 15-30 giorni dalla smielatura.
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Ma allora che centra il favo della foto pubblicata sopra? Dovete sapere che in passato la smielatura avveniva per “spremitura”, i favi cioè venivano torchiati per farne uscire il miele. Questo processo diventa necessario soprattutto quando i favi vengono costruiti dalle api in maniera naturale senza il supporto di telaini di legno forniti dall’uomo. Perché un favo di sola cera, che non ha supporti di legno e fili di acciaio al suo interno, verrebbe frantumato dallo smielatore durante i suoi vorticosi giri necessari all’estrazione del miele (vedi il filmato sopra per capire).
Il favo della foto è stato costruito interamente dalle api fra lo spazio che c’è tra due telaini vicini. Quindi è stato un prodotto casuale dovuto al fatto che non sempre l’uomo riesce a controllare il lavoro degli animali. In realtà esistono delle arnie a favo naturale, che lasciano cioè libere le api di costruire interamente il favo senza alcun telaio a supporto. L’apicoltore si limita a fornire loro una semplice stecca di legno, magari con un richiamo in cera che stimola le api ad iniziare la costruzione del favo.

L’arnia verde chiaro che vedete nella foto è una kenia top bar, è un’arnia orizzontale che simula una sezione di tronco cavo. Al di sotto del coperchio di metallo ci sono 24 barrette di legno (top bar appunto) sulle quali le api costruiscono ex novo i loro favi. L’ingresso dell’arnia è costituito da 5 fori di circa 2 cm, alcuni nella parte alta altri in basso (nella foto si vede da dove entrano le api, i due tappi in sughero chiudono due fori e verranno aperti quando la famiglia in costante aumento ne avrà bisogno). L’arnia è stata popolata da me alla fine di aprile con uno sciame naturale e attualmente le api sono riuscite a costruire circa 12-13 favi, di cui almeno due di solo miele. La costruzione del nido dentro l’arnia verrà completato dalle api nella prossima stagione, così come la raccolta del miele da parte mia avverrà o nella prossima primavera oppure addirittura in estate. Solo quando le api avranno accantonato almeno 4 favi pieni di solo miele, esse saranno abbastanza sicure di poter agevolmente superare l’inverno. Il di più, cioè ciò che il lavoro delle api generosamente accumula nel loro nido, potrà poi essere raccolto da noi e assaggiato.
Ma che vantaggio ha una simile arnia e soprattutto che differenza c’è nel sapore del miele? Per produrre cera le api hanno bisogno di consumare una quantità di miele fino ad otto volte la cera prodotta. Quindi è chiaro che se l’apicoltore fornisce già un foglio cereo su cui costruire le cellette esse produrranno più miele. Ma questo faticoso lavoro costituisce per le api uno sfogo che abitualmente loro devono fare in natura, limitare la produzione di cera non necessariamente può essere una buona idea per loro. Inoltre uno dei vantaggi dell’arnia top bar è l’assenza della necessità di aggiungere melari per raccogliere il miele: questi sono delle scatole in legno contenenti telaini e fogli cerei fatti appositamente per la raccolta del miele. Nelle arnie tradizionali l’apicoltore deve aggiungerli sopra il nido al momento di importanti fioriture e poi toglierli quando sono pieni, Ogni melario pesa circa 20 kg e lo sforzo dell’apicoltore per la raccolta non è affatto poca cosa. Invece nelle arnie top bar si raccolgono i favi con il miele direttamente dal nido, tagliandoli con un paio di forbici, mettendoli in un contenitore alimentare per poi spremerli o consumarli direttamente nel favo.
La cera è una sostanza grassa commestibile anche per l’uomo, esistono studi scientifici che ne dimostrano l’indubbia efficacia nell’abbassare il colesterolo e prevenire malattie cardiovascolari, ma sembra abbia anche un effetto antiinfiammatorio oltre che antiossidante. Quindi mangiare del miele direttamente da favo, insieme a piccoli quantitativi di cera, è certamente una cosa salutare. A patto che questa cera non sia cera riciclata dall’uomo, cioè inserita nell’alveare attraverso i fogli cerei: essendo una sostanza grassa la cera assorbe facilmente sostanze estranee che magari vengono introdotte nell’alveare dallo stesso apicoltore per fare dei trattamenti alle api. Queste sostanze vengono trattenute dalla cera come residui per anni! Quindi il miele in favo può essere commestibile solo se prodotto su favo naturale, cioè interamente costruito dalle api e raccolto dall’apicoltore appena opercolato. Inoltre anche se si deciderà di spremerlo, certamente questo processo manterrà odori e in parte sapori che nella centrifugazione potrebbero andare perduti. Insomma è un miele dai sapori antichi che potrebbe essere interessante provare. Vedremo il prossimo anno se le mie api, che già ora sembrano aver gradito l’arnia top bar, me ne faranno assaggiare un po’. Vi farò sapere.
Complimenti, caro Roberto e buona fortuna! Deve essere interessante lavorare con gli api. 🙂
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Bellissima documentazione! Abbiamo sempre da imparare dai ritmi e dalle dinamiche della natura.
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Grazie Roberto, in realtà per me è solo l’inizio e sto veramente imparando molto
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