
<<La schiavitù è la legge della vita, e non c’è altra legge perché questa deve compiersi senza possibile rivolta o rifugio da trovare. Certuni nascono schiavi, altri diventano schiavi, ad altri ancora la schiavitù viene imposta. L’amore codardo che tutti noi proviamo per la libertà (libertà che, se la conoscessimo, troveremmo strana perché nuova, e la rifiuteremmo) è il vero indizio del peso della nostra schiavitù. Io stesso, che ho appena detto che desidererei una capanna o una grotta per essere libero dalla noia di tutto, che poi è la noia che provo per me, oserei andare in quella capanna o in quella grotta consapevole che, dato che la noia mi appartiene, essa sarebbe sempre presente? […] Quello che ci circonda diventa parte di noi stessi, si infiltra in noi nella sensazione della carne e della vita e, quale bava del grande Ragno, ci unisce in modo sottile a ciò che è prossimo, imprigionandoci in un letto di lieve morte lenta dove dondoliamo al vento. Tutto è noi e noi siamo tutto; ma a che serve questo se tutto è niente?>> tratto da “Il libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa
Un’inquietudine, quella di Pessoa, che pervade ognuno di noi. Il grande Ragno, la sua tela, la bava che ci unisce imprigionandoci…noi siamo i veri artefici di tutto ciò. Schiavi che appartengono ad altri schiavi, una moltitudine fatta di niente e su tutto nulla di umano riesce ad andare oltre! Nulla di umano, appunto… nulla di umano. La Verità non ci appartiene, anche se ci costituisce
Bell’articolo, potrei ribloggarlo domani su http://www.lemiecose.net con tutte le dovute attribuzioni?
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Fai pure a me fa certamente piacere, grazie!
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Grazie a te!
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L’ha ripubblicato su La solitudine del Prof.
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