Un’antica favola persiana intitolata “Lo scorpione e la tartaruga” o la versione attribuita ad Esopo, anche se non ci sono prove certe in merito, chiamata “La rana e lo scorpione” racchiude in sé uno dei misteri che caratterizza l’essenza della natura umana: la capacità di agire in modo irrazionale, causando coscientemente danno a se stessi e agli altri!
Una rana stava tranquillamente sguazzando in un fiume quando gli si avvicinò uno scorpione. Devo passare dall’altra parte – disse – ma io non so nuotare e non so come fare, se provo affogherò. Tu potresti darmi un passaggio sul tuo dorso? La rana dubbiosa rispose: – Se io ti lascio salire sul mio dorso tu mi pungerai. Ma lo scorpione rassicurò la rana: – Non ti preoccupare, perché dovrei farlo? Se ti pungessi affogherei anch’io perché entrambi andremmo a fondo. La rana rassicurata fece salire lo scorpione sul suo dorso. Quando arrivarono al centro del fiume lo scorpione punse la rana, che stupita da tale gesto trovò la forza di chiedergli: – Ma perché l’hai fatto? Moriremo entrambi! Lo scorpione rispose: – Non ho potuto farne a meno, è nella mia natura!
Guardando alla storia recente o passata possiamo trovare innumerevoli esempi in cui l’uomo dà il peggio di sé provocando guerre, morti e sofferenze a non finire. L’intelligenza umana è stata in grado – più di ogni altra forza della natura – di trasformare il mondo e plasmarlo per i suoi fini. Questo non sarebbe un problema se i fini dell’uomo fossero compatibili con la vita di cui l’uomo stesso è parte. Il problema nasce nel momento in cui ci si accorge che la vita, il benessere e l’amore è secondario all’interno della nostra specie, prioritaria è invece la sete assoluta di potere e di dominio che alcuni individui esercitano in modo totalmente irrazionale su tutto e su tutti, comportandosi né più né meno come lo scorpione della favola. Sentiamo spesso citare in televisione una famosa frase di Einsten, che affermava che quando le api spariranno dal pianeta all’uomo rimarranno solo quattro anni di vita. La causa della moria delle api è proprio l’uomo-scorpione, quello che grazie “alla sua natura” modifica l’ecosistema portando squilibri irreversibili che minano la sua stessa esistenza. Ma se fosse l’uomo a sparire accadrebbe lo stesso alle altre specie viventi? Perché il privilegio di sapere di esserci che caratterizza l’umanità rispetto a tutti gli altri esseri viventi, comporta anche la consapevolezza del non-esserci più, del tornare al NULLA da dove veniamo che sembra affascinare i tanti che fanno del male scientemente e si immolano per questo! Noi siamo in perenne guerra gli uni contro gli altri, la pace viene spesso invocata, ma quante persone riescono davvero a capire che cos’è?
La vita stessa è guerra, sempre e comunque contro l’oblio. Riflettendoci è il paradosso della vita: sia la guerra degli uomini, sia la guerra del finito contro l’infinito, sono entrambe causa della morte come assurdo e limite! Perché la vita vuole sempre e comunque Essere al di là di ogni confine fisico o spirituale e oltre l’insensatezza umana. A volte mi chiedo: siamo davvero sicuri che l’ultimo nemico da sconfiggere sia la morte? Certo, nel cristianesimo Gesù si è immolato sulla croce per poi risorgere, identificando in sé stesso la via verso la verità e la vita. E lo stesso Gesù disse:” Se uno vuol venire dietro a me rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”Luca 9,23. Non sembrano proprio razionali frasi che spingono l’individuo a “rinunciare a se stesso”, ma qui Gesù mette il dito nella piaga dell’egoismo che impedisce all’uomo di amarsi e amare gli altri.
Non è tanto la morte fisica quella da cui Dio salva, Lui salva dall’inganno e dal male di vivere gli uni contro gli altri, nell’invidia e nell’odio che porta alla distruzione. Il fatto di esserci ora, qui e adesso, ci condanna alla vita: rimbalzeremo come bilie, avanti e indietro nel tempo, in questo spazio d’eternità in cui ci è concesso di vivere o fermeremo il divenire incessante in un eterno presente dove il limite e l’infinito coincidono e l’amore per l’assoluto colmerà ogni vuoto?
Nella favola della rana e dello scorpione si tende ad identificare l’uomo con lo scorpione dimenticandosi della rana: essa, pur diffidente perché conosce la pericolosità dello scorpione, sceglie di fidarsi di lui! Non credo che sia stata solo ingenuità: la rana ha voluto credergli, come tanti uomini e donne ogni giorno credono nella vita e nella sua sacralità. Se il germe dell’irrazionalità e del caos fa parte del genere umano, esso pur essendo potente è comunque nulla rispetto al Bene che l’uomo può riconoscere e fare. Quindi c’è sempre la speranza, che come gocce nel mare, ogni gesto, ogni pensiero trasformi la vita in un percorso di crescita e di pace da fare insieme.
Il post che segue e la relativa escursione corredata di foto è stato scritto circa un anno fa, il 26 dicembre 2016! Fra quelle foto ho scelto quella di apertura nella pagina Home del blog, ci ha accompagnato nella lunga ascesa verso la luce dal solstizio d’inverno, passando per stagioni, solstizi ed equinozi… ora alle soglie di un nuovo inizio vedremo se ci saranno altre immagini luminose cariche di energie e speranze ad accompagnare il nostro cammino verso la Luce! Ma lasciamo parlare il vecchio post con le sue immagini…
La foto che vedete è stata fatta oggi sul Monte Conero, da Pian dei Raggetti con veduta verso i Sibillini! La passeggiata che abbiamo fatto è stata ricca di scorci di luce e vedute tra cielo, terra e mare che valeva la pena condividere in questo post. Mi vengono in mente una serie di riflessioni per ricollegarmi al Natale e al tema della LUCE: il 26 dicembre è la festività di Santo Stefano, primo martire e primo ad assere accostato alla nascita del figlio di Dio. Domani, 27 dicembre, seguirà Giovanni evangelista, l’apostolo che più di ogni altro nel suo Vangelo ha cercato Dio nella spiritualità del Verbo oltre la dimensione terrena. Non è un caso che Giovanni venga accostato al solstizio d’inverno: in questo periodo infatti la ricerca della luce va fatta nell’interiorità anche se non mancano nella natura scorci meravigliosi che la evidenziano più che in estate, dove un eccesso di luminosità spesso la nullifica! Pubblico sotto il commento di un amico che mi ha fatto riflettere sul mistero dell’illuminazione interiore…
Commento al post: Natale, il mistero di salvezza:
Stefano Tonnarelli
24 dicembre 2016 alle 15:42
E’ vero, il Natale è un simbolo che trae origine dal fenomeno astronomico dell’inizio del cammino verso una illuminazione sempre più completa e che, archetipicamente, l’uomo associa alla nascita della coscienza/Cristo verso un cammino di unificazione col tutto… col grande Uno. Purtroppo però, in questa gabbia dorata che è il nostro pianeta, al 21 dicembre segue sempre il 21 giugno come inizio della caduta verso l’oscurità. E così in questa ciclicità di giorni e notti, estati e inverni, morti e rinascite, sonni e risvegli, si dipana la nostra esistenza orizzontale che è utile solo ai parassiti che ci circondano… SVEGLIAAAAA!!!! (Questo è l’augurio che faccio… anche a me stesso!)
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opinioniweb
24 dicembre 2016 alle 17:21 Modifica
Pensa che nel cristianesimo l’assunzione in cielo di Maria avviene nel pieno dell’estate il 15 di agosto! L’estate è al culmine che più di così …si muore. È come un girasole colmo di colore, carico di semi ma stanco della sua fecondità che si accinge a morire per passare ad altra vita!
Quindi in estate la natura esplode con la sua ricchezza di colori fino a morire per “eccesso di vita” andando rapidamente verso l’autunno! Ma torniamo al Monte Conero e alla sua luce invernale…