Le manifestazioni servono a qualcosa?

A onor del vero il TG3 Regionale e gli stessi quotidiani locali della manifestazione hanno parlato facendo un servizio abbastanza equilibrato. Riguardo ai numeri dicevano più di 6000 persone. Poi certo, sembra chiaro che tali decisioni vengono prese senza minimamente tenere conto del volere popolare, idem del volere politico visto che i nostri decisori eletti altro non sono che passacarte eterodiretti. Ma manifestare serve, dice Stefano nel titolo del suo post? Certo che NI, conclude e sottoscrivo: è l’unico modo per esercitare concretamente il dissenso popolare quando non è possibile essere rappresentati attraverso il voto. E finché sarà possibile manifestare, allora significa che il sistema democratico è ancora, seppur parzialmente, in vita. Non importa quanto sia mistifacato il messaggio, l’importante è avere la possibilità di portarlo a conoscenza di altre persone. Perché la vera “dittatura” è quella dei media, sempre al servizio della propaganda, la violenza nei confronti dei manifestanti e dissidenti viene dopo, anzi quando accade significa che il sistema informativo non è riuscito a filtrare, manipolare a sufficienza e allora interviene un secondo livello di oppressione, che invece di fare da argine in realtà fa dilagare il messaggio che si voleva nascondere. La verità, quando si manifesta, è pur sempre verità e poco importa quanti pochi riescano a conoscerla. Perché nelle coscienze apre un varco che non verrà più richiuso, la propaganda dopo è un’arma spuntata. Quindi avanti con la partecipazione e manifestiamo tutte le volte che possiamo il nostro dissenso e le nostre idee insieme a chi le condivide.

Post di Stefano

Il 1° Maggio sono andato alla manifestazione di Pesaro contro l’installazione del Biolaboratorio militare americano. Dopo che già Trieste e Sigonella sono state già dotate di tali “meraviglie tecnologiche”, il Pentagono ha intenzione di metterne uno in ogni regione italiana a cominciare dalle Marche, per poi proseguire con l’Umbria a Perugia, con la Toscana a Siena e così via. In questi “paradisi dei biologi” si studiano le possibilità di mutare il genoma di batteri e virus affinché possano diventare agenti patogeni ed essere usati come armi. Tanto, che cosa fanno di solito i militari se non creare sempre nuove e più terribili armi da scagliare contro i cattivi? Ovviamente il tutto nella massima sicurezza… Beh, non proprio: il massimo livello di sicurezza è il 4, come quello applicato a Wuhan in Cina, mentre a Pesaro sarebbe il 3, ma queste sono quisquilie! Solo che da Wuhan è uscito qualcosa… una sciocchezzuola… il Covid 19 che ha messo a ferro e fuoco il pianeta intero, ma va beh, qualche incidentucolo può sempre succedere. Anche se, ad onor del vero, negli ultimi 30 anni tutte, e dico tutte, le grandi epidemie o presunte tali come l’aviaria, la suina, il sars cov 1 eccetera si sono diffuse a partire da un epicentro in cui era operante un biolaboratorio, ma è sicuramente un caso! Casualità documentata però dal bravissimo giornalista d’inchiesta nonché ricercatore e scrittore di saggi Franco Fracassi, presente alla manifestazione tra gli organizzatori: ma lui è solo un complottista! Ora: mi sono trovato insieme ad altri 10.000 complottisti come me e la Questura dirà che c’erano circa 300 manifestanti, ma si sa, è il gioco delle parti. Vi invito a fidarvi di uno come me che, abituato alle folle dei concerti rock, sa valutare il numero dei partecipanti e, migliaio più o migliaio meno, per il mio occhio allenato c’erano tutti! Siamo stati relegati in una piazza di periferia dove, in un giorno di festa, non ci va nessuno, con corteo di due chilometri costretto a sfilare, più o meno, in campagna: penso che i piccioni, i gatti e le rondini ne saranno stati sicuramente impressionati! Come detto dagli organizzatori la manifestazione, aveva l’obiettivo di sensibilizzare o anche semplicemente informare tutta la popolazione pesarese del fatto che, molto presto, verrà costruito in città, in un terreno persino instabile dal punto di vista idrogeologico, un biolaboratorio che produrrà eco-mostri biologici vicino a case, scuole, parchi gioco, ospedali e RSA. La questione è che la maggior parte dei cittadini pesaresi non è a conoscenza del progetto e non sa che la giunta ha già espresso, con un solo voto contrario, parere favorevole all’installazione: probabilmente,  non lo avrebbero mai voluto nel loro giardino.

Intendiamoci bene: non è che se un biolaboratorio sia lontano dai centri abitati potrebbe cambiare qualcosa. Ricordate sempre Wuhan che sta in Cina! Però, se la popolazione di una città si oppone e fa pressione sulla propria giunta, pena la non rielezione, forse l’ingranaggio potrebbe incepparsi. Torno adesso al titolo dell’articolo: le manifestazioni servono a qualcosa? Già dal 2001 con la mega manifestazione a Genova contro il G20 e contro la globalizzazione avevo capito che, qualora le manifestazioni rischino di ottenere il loro effetto, chi esercita il potere ha gli strumenti per disattivarle. Quella volta furono inseriti elementi disturbatori, i Black Block che, con la complicità dei media, svilirono l’intera manifestazione per farla associare ad accezioni negative e fondamentalmente “di torto”. Questo cliché è stato ripetuto infinite volte e ricordiamo per tutte la  manifestazione del 2021 a Roma per l’abrogazione del green pass in cui si è inscenato il  “finto” assalto alla CGIL. Nelle manifestazioni imponenti e non addomesticabili il metodo più utilizzato dal potere è quello dell’infiltrazione, mentre per quelle “piccole” è sufficiente che un prefetto assegni al corteo una strada di campagna. Nella plateale e non infiltrabile manifestazione contro il green pass dei portuali di Trieste, infine, il potere ha mostrato tutta la sua ferocia, annientando con gli idranti i facchini, con il consueto beneplacito dei media che hanno trattato i manifestanti da poveri ignoranti. Insomma. Le manifestazioni non servono a nulla se non a far sentir bene i manifestanti, a farli sentire parte di un popolo, a farli sentire non più soli, a farli sentire vivi. E, anche se non serve a nulla, io continuerò a manifestare.

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