I fiori della Pasqua

Pesistelia alata – foto dal web

Ripubblico questo post della Pasqua 2021

Il mio amico Andrea mi ha mandato questa splendida foto e allora ne approfitto per parlare dei “fiori della Pasqua”! La Peristelia alata è un’orchidea originaria del Brasile che fiorisce proprio nel periodo primaverile-pasquale e viene anche chiamata “fiore dello Spirito Santo”! Si dice che inviare una sua immagine in questo periodo porti la benedizione dello Spirito Santo alla persona che la riceve.

Passiflora – Image by Marion Streiff from Pixabay

La Passiflora (fiore della passione) venne associata alla passione e crocifissione di Cristo da un missionario che la vide in Messico nel 1610. Egli vide nella raggiera centrale la corona di spine che era stata posta sul capo di Gesù, nei tre stami i 3 chiodi coi quali Egli era stato messo in croce, nei 5 petali ed nei 5 sepali il rimando ai 10 apostoli rimasti fedeli a Gesù, (oltre che le 5 piaghe, due alle mani, due ai piedi ed una al costato), nell’androginoforo centrale la colonna della flagellazione e nei rametti, le fruste con cui Egli era stato flagellato. La leggenda dice che essa fiorì proprio grazie ad una lacrima dello stesso Cristo mentre gli passava vicino dolorante trascinando la croce verso il Golgota.

I pollini di questo cardo selvatico sono stati trovati nel lenzuolo della Sindone, che la tradizione vuole sia quello che ha avvolto Gesù nel sepolcro! Diffusa in tutta l’Asia Minore si può vedere andando in Palestina, ma solo dall’autunno alla primavera perché poi si secca, si stacca dalla radice e vola via, disperdendo nel vento i suoi semi che raggiungono distanze anche di decine e decine di chilometri e portano lontano, dovunque ci sia il terreno adatto al loro attecchimento, nuove piante che offriranno frutti a chi continuerà la tradizione della raccolta. Rinasce perpetua portata dal vento, così è lo Spirito del Signore che tutto sostiene, così è la speranza nella risurrezione. La natura ne porta il segno evidente, basta saper guardare.

BUONA PASQUA A TUTTI!!!

L’APE

Pur’io vorrei la pace:
— diceva l’Ape a un Grillo —
ch’er lavoro tranquillo
me soddisfa e me piace.
Ma finché su la terra
parleranno de guerra
terrò sempre, a bon conto,
un pungijone pronto:
er pungijone mio
che m’ha arrotato Iddio.
– Trilussa
(Carlo Alberto Salustri)

Estate, il declino della luce

Le stagioni della vita

Il 21 giugno 2022 alle 11 e 13 minuti il sole raggiungerà il suo culmine e sarà il solstizio d’estate, la luce del crepuscolo, dopo il tramonto, sembrerà non finire mai e l’estate scandirà le nostre giornate con la sua forza e il suo calore. Ma la luce, in realtà, inizierà sin da subito a declinare e tramonti sempre più precoci ci metteranno di fronte al cambiamento preparandoci alla nuova stagione. Perché se è vero che non sono più il caldo o il freddo a definire le stagioni, è altrettanto vero che la luce le segna inesorabilmente.

Questo ciclo è la nostra stessa vita, nel singolo la pienezza dell’estate è la forza e la saggezza della raggiunta maturità; ma l’umanità ugualmente è in cammino, verso che cosa? Quali stagioni segnano la contemporaneità? Siamo nati ieri geologicamente parlando, ma come coscienze racchiudiamo l’universo intero e non basta…

Come singolo, goccia in caduta libera verso la Terra, sono anch’io nel pieno dell’estate, vivo in me il declino della luce, anche se i segni sono ancora frutti maturi da gustare che tengono lontani i rigori dell’inverno e l’ombra, che i precoci tramonti allungheranno presto sulla mia vita.

Ma nel contesto più ampio dell’umanità e della sua storia plurimillenaria, che senso ha parlare di luci e di ombre, di stagioni presenti e passate, di ingiustizie o gioie o paure? La vita si ricompone sempre e chiude il cerchio. L’umanità non dice IO, avanza nella storia macinando vite come fuscelli strappati dal vento e avanza prendendo coscienza di sé stessa.

Quindi io, aspetto il mio destino invocando il diritto di esistere e continuare ad esserci, attraversando ogni stagione della vita; e di questo ciclo continuerò a far parte insieme al flusso dell’umanità intera… niente andrà perduto se la Luce segnerà i nostri nomi, come tracce indelebili in un cammino che si realizza solo nell’Amore verso tutto e tutti, chiamandoci per nome e tenendoci per mano.

E quando l’ombra coprirà il mio cammino, ti prego, non lasciarmi solo!

Quel dolore

Capita di capire cos’è la vita

quel dolore

è immenso, io lo so

cos’hai provato

lo faccio mio e taccio

Fra le onde siamo naufraghi

senza meta

Se c’è un senso

se c’è

la giustizia é la sua trama inestricabile

Lassù volano gli angeli

torneranno mai a parlarci d’amore?

Quel buio sconfinato é solo ombra

dolore che vive insieme a noi

non abbiamo occhi per vedere

mistero, trascendenza… è inutile cercare

Chi già ha attraversato l’abisso

non può cambiare il nostro destino

sfiorare, con un soffio, solitarie esistenze

No, siamo soli!

Quel dolore è la forma del vuoto

segno della nostra natura contingente

nel silenzio arriverà forse un suono

esigenza di una pienezza inesauribile

nota mai suonata

L’umanità, senza Dio, non ha voce

Il mistero delle api che preservano le icone

In Grecia, un pio apicoltore ha l’abitudine di mettere icone nei suoi alveari. Le icone benedicono le api… e le api proteggono le icone. Per un decennio, un apicoltore di nome Sidoros Ţiminis, che vive nella regione di Kapandriti, vicino ad Atene, ha mantenuto una tradizione: ogni primavera, infila icone di Cristo, la Santa Vergine e diversi santi nei suoi alveari, al fine di benedire le sue api e la sua produzione annuale di miele. E ogni anno, si verifica lo stesso fenomeno misterioso: le api fanno le loro cellule a nido d’ape attorno alle immagini pie, evitando meticolosamente di coprirle. Potrebbe essere semplicemente un fenomeno legato a qualche effetto nel dipinto stesso, che potrebbe impedire alle api di costruire i loro favi su di loro? In ogni caso, il lavoro di queste peculiari api greche rimane degno di interesse. Leggi qui l’articolo originale: https://aleteia.org/2017/07/05/the-mysterious-icon-preserving-bees/

Santa Rita

La Santa di Cascia fu devota alla passione di Cristo per tutta la sua esistenza terrena. Un venerdì santo durante una delle sue intense preghiere supplicò Gesù di associarla alla sua passione e a quel punto un raggio di luce, partito dal crocifisso, andò a riflettersi sul suo capo e una spina del crocifisso davanti a cui stava pregando le si confisse in fronte. La profonda ferita diventò una piaga insanabile che le causò dolore. Inoltre produceva un tale fetore che costrinse la Santa a restare in solitudine a parlare con Dio. Alla fine dei suoi giorni, malata e costretta a letto, Rita chiese a una sua cugina venuta in vista da Roccaporena di portarle due fichi e una rosa dall’orto della casa paterna, per farne dono alle consorelle. Ma siamo in inverno e la cugina la asseconda, pensandola nel delirio della malattia. Tornata a casa, la giovane parente trova in mezzo alla neve una rosa e due fichi e, stupefatta, subito torna a Cascia per portarli a Rita. In punto di morte, Rita da Cascia, sentì la voce di Gesù e della madre defunta che la invitavano a entrare nella dimora celeste. Era il 22 maggio del 1439.

Per chi non l’avesse già letto altre notizie su Santa Rita potete trovarle qui https://opinioniweb.blog/2020/05/17/santa-rita-e-le-api/

Limiti

Il mondo è abbastanza ricco per soddisfare i bisogni di tutti, ma non lo è per soddisfare l’avidità di ciascuno.

Mahatma Gandhi

Vero, ma purtroppo per noi la scelta che dobbiamo fare è fra Gandhi e sta roba qui :

https://www.r101.it/news/fuori-onda-news/1323168/overshoot-day-2022-litalia-ha-esaurito-le-risorse-naturali.html

Non ci sono alternative, se uno pensa che ci sia un’oncia di verità nell’agenda mondialista automaticamente esclude Gandhi. Idem se pensa che il vero si nasconde nella saggezza gandiana, in nulla compatibile con le verità “di fede” mondialiste.

Non esiste una natura “astratta e separata” dall’essere umano. C’è piuttosto un equilibrio precario ma pur sempre necessario tra sviluppo e natura; così come c’è una capacità dell’uomo di trascendere la natura stessa di cui fa parte.

Ma estrapoliamo alcune perle dall’articolo sopra:

“Per invertire la tendenza però non basta diminuire i consumi, dovremmo invece andare in negativo, quindi quando finisce l’anno dovremmo avere ancora risorse. Ma forse è pura utopia.

Immaginate di ridurre drasticamente l’alimentazione, l’energia, non costruire più case e tutto ciò che ha a che fare con l’edilizia. Stop alle auto e all’elettricità e al riscaldamento. Sono questi i fattori che determinano l’Over Shooting.

Vi ricorda qualcosa? Razionare l’energia e abbassare drasticamente i consumi è il neo-mantra per dare il nostro contributo alla pace. Oltre naturalmente ad inviare armi.

Comunque io ho già deciso, sto con Gandhi perché l’avidità, come la stupidità sono indiscutibilmente più dannosi e insostenibili di qualsiasi altro spreco che l’uomo possa fare. E voi con chi state?

Il canto dell’ape regina

Il canto dell’ape regina – evento assai raro da ascoltare – sovrasta il ronzio delle api all’interno dell’alveare e si può nitidamente sentire anche fuori dall’arnia. Assomiglia ad una trombetta, dicono che suoni in sol diesis, quello che è certo è che sia un segnale per le api che la regina dà in particolari momenti. La regina canta per avvertire le api che è prossima la sciamatura, essa vuole essere certa che una nuova regina stia per nascere in modo da non lasciare orfane quelle che rimarranno nell’alveare. Ma canta anche al momento della nascita, perché nel caso ci siano altre api regine nate insieme a lei (le api sono solite allevare molte api regine contemporaneamente) può farsi individuare dalle sue rivali per sfidarle ad un duello mortale in cui solo una rimarrà la regina incontrastata dell’alveare.

Nel filmato sopra potrete individuare facilmente l’ape regina, perché oltre che più grande delle altre api era stata marchiata con il colore rosso dall’apicoltore. Il colore in questo caso indica l’anno di nascita 2013. Qui sopra potete vedere i colori convenzionali con cui vengono marchiate le regine dagli apicoltori, esso è un sistema utile sia per la vendita delle regine (chi le compra vuole essere sicuro di comprare una regina giovane), sia come memorandum per l’apicoltore stesso, che ritiene importante ricordare quanti anni ha una regina, dato che in media dopo 3 anni essa viene spontaneamente sostituita dalle api stesse a causa della perdita della fertilità che metterebbe a rischio la sopravvivenza dell’alveare.

Sciame

In questo breve video potete vedere uno sciame d’api che si sta depositando per formare il glomere.

A destra potete vedere il grappolo di api (glomere) che si sono appese ad un arbusto circondando la regina. Hanno appena lasciato l’alveare madre e si apprestano a trovare una cavità dove fare un nuovo nido. Questo significa che le api hanno allevato una nuova regina e la vecchia – dopo aver fatto il suo canto avvertendo le api che la sciamatura era prossima – ha spiccato il volo con alcune sue fedelissime (circa la metà delle api presenti nell’alveare)! In realtà il video me lo ha mandato la mia amica Saura il 24 aprile per chiedermi se potevo recuperare lo sciame che si era posato nel suo giardino. È andato il mio amico Gabriele perché io ero fuori città, il recupero è stato semplice. Si utilizza una piccola arnia in polistirolo, si va sotto il glomere e si scrollano le api dentro l’arnia chiudendo poi il coperchio ma lasciando aperta la porticina sul davanti. A questo punto se la regina è caduta dentro sarà proprio lei a richiamare le api emettendo un ferormone che le attira. Nel giro di una ventina di minuti assisteremo all’ordinata fila d’api che entrano velocemente nell’arnia pronte a costruire i favi necessari per immagazzinare il miele ma soprattutto per fare depositare alla regina le uova necessarie per portare rapidamente la famiglia ad un buon numero di api necessario per la raccolta di scorte per l’inverno. La natura sa sempre come andare avanti, a noi non resta che osservare meravigliati questo spettacolo.

L’ultimo messaggio di Koko

Nata il 4 luglio 1971 allo zoo di San Francisco, cominciò ad imparare la lingua dei segni con la dottoressa Francine “Patty” Patterson come parte dello Stanford University project a partire dal 1974. Aveva imparato 1000 segni per comunicare con gli esseri umani ed è diventata la prova concreta che gli animali sono in grado di provare stati empatici che Koko comunicava proprio attraverso i segni. Noam Chomsky affermò che Koko non produceva davvero un linguaggio perché si esprimeva solo a parole e non con delle frasi. Forse il problema è quello di voler antropomorfizzare gli animali, essi anche quando imparano modalità umane di vita si sintonizzano solo su alcuni aspetti del nostro mondo mentale. Siamo stati noi uomini ad addestrare Koko o è stata lei ad avvicinarsi al nostro mondo? Il messaggio “ecologico” che potete vedere nel video è forse frutto di un copione o è spontaneo? A me sembra molto “umano” ma ciò non significa che non sia frutto di un pensiero di Koko. Piuttosto la costante frequenza umana potrebbe aver fay superare la simbiosi fra animale e natura portando una parziale consapevolezza del suo esserne parte, Oltre l’istinto c’è la coscienza di essere, la nascita della consapevolezza del tutto e delle proprie parti, in una parola l’essere persona. E qui entriamo nell’ambito del mistero: il mistero dell’uomo e della sua autocoscienza, il mistero della natura e il suo essere madre generatrice di vita, il mistero di Dio e del suo Amore che fa muovere l’Universo!

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