
Spesso siamo soliti dire che “l’abito non fa il monaco”, ma in realtà nella sacralità dei riti le cose non stanno proprio così. L’abito talare infatti, è lungo proprio perché il sacerdote possa passare fra la gente come “spirito”, coprendo la propria materialità! Ma sul sito Vatican.va possiamo leggere molto altro sul simbolismo della vestizione sacra.
I paramenti sacri hanno una funzione importante nelle celebrazioni liturgiche: in primo luogo, il fatto che non sono portati nella vita ordinaria, e perciò possiedono un carattere cultuale, che aiuta a staccarsi dalla quotidianità e dai suoi affanni, al momento di celebrare il culto divino.
Tali vesti “mimetizzano” l’individuo e il suo corpo materiale, evidenziando invece il vero protagonista del rito, Gesù Cristo!
Il sacerdote diventa così un vero strumento nelle mani del Signore.
Da, Domine, virtutem manibus meis ad abstergendam omnem maculam; ut sine pollutione mentis et corporis valeam tibi servire.
(Dà, o Signore, alle mie mani la virtù che ne cancelli ogni macchia: perché io ti possa servire senza macchia dell’anima e del corpo).
All’abluzione delle mani, segue la vestizione.
Il camice o alba è la lunga veste bianca indossata da tutti i sacri ministri, che ricorda la nuova veste immacolata che ogni cristiano ha ricevuto mediante il battesimo. Questo si esprime nella preghiera detta dal sacerdote, mentre indossa il camice, orazione che fa riferimento ad Apocalisse 7,14:
Dealba me, Domine, et munda cor meum; ut, in sanguine Agni dealbatus, gaudiis perfruar sempiternis.
Purificami, Signore, e monda il mio cuore, perché purificato nel Sangue dell’Agnello, io goda degli eterni gaudi.
La stola è l’elemento distintivo del ministro ordinato e si indossa sempre nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali. È una striscia di stoffa, di norma ricamata, il cui colore varia secondo il tempo liturgico o il giorno del santorale. Indossandola, il sacerdote recita la relativa preghiera:
Redde mihi, Domine, stolam immortalitatis, quam perdidi in praevaricatione primi parentis; et, quamvis indignus accedo ad tuum sacrum mysterium, merear tamen gaudium sempiternum.
(Restituiscimi, o Signore, la stola dell’immortalità, che persi a causa del peccato del primo padre; e per quanto accedo indegno al tuo sacro mistero, che io raggiunga ugualmente la gioia senza fine).
http://Vestizione dei paramenti liturgici e relative preghiere